La Corte Ue «assolve» la Tobin Tax italiana sulle transazioni
Promossa il «prelievo sulle transazioni» applicato sui derivati su titoli di società con sede in Italia
Non costituisce illegittima restrizione alla libera circolazione dei capitali, una norma di uno Stato membro che - come quella italiana (articolo 1, comma 492, della legge n. 228/2012) - assoggetta ad imposta sulle transazione finanziarie (Itf) gli strumenti finanziari derivati, indipendentemente dal luogo in cui la transazione è conclusa o dallo Stato di residenza di tali parti e dall’eventuale intermediario che interviene nell’esecuzione della stessa, qualora il “sottostante” di tali strumenti sia un titolo emesso da una società stabilita in tale Stato membro.
Lo ha stabilito la Corte di Giustizia nella sentenza C-565/18 del 30 aprile 2020 confermando in sostanza le conclusioni dell’Avvocato Generale («Il Sole 24 Ore» del 29 novembre 2019).
Quanto agli adempimenti imposti per l’assolvimento dell’imposta, la Corte ha ribadito che la necessità di garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione delle libertà fondamentali. Pertanto, uno Stato membro è autorizzato ad applicare misure che consentono di verificare, in modo chiaro e preciso, l’importo dell’imposta dovuta, a condizione che, tuttavia, tali misure siano atte a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non eccedano quanto necessario per conseguirlo (in questo senso, sentenze C 250/95, punto 31, C 575/17, punto 67).
Pur spettando al giudice del rinvio procedere alle necessarie verifiche a tal riguardo, la Corte non ha ravvisato, nella documentazione in atti, alcuna indicazione che deponga nel senso che i soggetti non residenti siano assoggettati ad adempimenti diversi da quelli gravanti sui soggetti residenti, né che tali adempimenti eccedano quanto necessario per la riscossione dell’imposta prevista.
La Corte afferma che affinché una normativa tributaria nazionale possa considerarsi compatibile con le disposizioni del trattato relative alla libera circolazione dei capitali, è necessario che:
● la differenza di trattamento che ne risulta riguardi situazioni che non siano obiettivamente paragonabili, o sia giustificata da un motivo imperativo d'interesse generale (sentenza C 575/17, punto 46).
● oppure che, la stessa norma sia applicata a situazioni diverse (sentenza C 298/05, punto 41).
Inoltre, al fine di accertare l'esistenza di una discriminazione, la comparabilità di una situazione transfrontaliera con una situazione interna allo Stato membro dev'essere esaminata tenendo conto dell'obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali in questione [sentenza C 135/17, punto 64).
Ed è su questo punto che si incentrano le conclusioni. L’applicazione dell’Itf sui derivati con titoli italiani sottostanti non determina alcuna discriminazione perché è dovuta indipendentemente dal luogo in cui la transazione è conclusa o dallo Stato di residenza delle parti e da quello dell’eventuale intermediario, cosicché i soggetti residenti e non residenti sono sottoposti ad un regime impositivo identico.