Contabilità

La delibera sui finanziamenti dei soci fa da scudo alle contestazioni fiscali

Le somme non formalizzate potrebbero essere rilevate come redditi non dichiarati. La mancanza si può sanare con indicazioni nel bilancio o con un verbale ad hoc

di Stefano Mazzocchi

Il finanziamento delle imprese da parte dei soci, specie in un periodo così difficile, ha implicazioni importanti sia a livello di contabilizzazione, sia sotto il profilo fiscale. È bene ricordare che c’è una differenza non solo metodologica fra un finanziamento e un versamento di capitale da parte dei soci all’interno dell’impresa: il primo è un debito per la società beneficiaria della somma ricevuta, mentre il versamento diviene una posta del patrimonio netto.

La Cassazione (sentenza della prima sezione civile 29330 del 22 dicembre scorso) si è espressa in merito all’inquadramento a livello civilistico delle somme versate dai soci, distinguendo fra poste di debito e poste che incrementano il patrimonio netto. La posta di debito presenta tuttora alcuni punti controversi.

La delibera di richiesta
L’articolo 2467 del Codice civile prescrive le regole che qualificano gli apporti dei soci alla società come finanziamenti quando vi sia un momento di «squilibro patrimoniale della società». Non avendo dettato altri criteri di qualificazione, diviene fondamentale la classificazione di queste poste nel bilancio d’esercizio.

Una delle questioni più dibattute ruota intorno alla necessità o meno di formalizzare con una specifica delibera assembleare la richiesta di un finanziamento della società verso i soci. La questione concerne più temi, anche diversi, ad esempio l’attribuzione del compenso dell’amministratore senza una preventiva delibera.

Circa il problema qui trattato, giova richiamare la sentenza 6104/2019 della quinta sezione della Cassazione, che può essere cosi riassunta:

1 la mancanza di delibera può essere sanata attraverso un’idonea rappresentazione nel bilancio di esercizio, che «è il documento principale da cui dover partire per qualificare la natura di un’entrata tributaria»;

2 l’assenza di delibera societaria può essere inoltre sanata ex post attraverso la redazione di un verbale assembleare che tenga conto «di quello omesso entro l’esercizio successivo»;

3 la delibera assembleare di richiesta del finanziamento non è vincolante per i soci (si veda il Tribunale Milano, 23 marzo 2017, n. 3465).

La mancata adozione di un’idonea delibera assembleare potrebbe avere come conseguenza fiscale che l’immissione di liquidità nelle casse sociali, tramite un finanziamento soci non formalizzato, comporti il rischio della rilevazione di ricavi o componenti positivi non dichiarati, pari alla somma erogata.

Quest’ipotesi è stata confermata dalla Cassazione nella sentenza 24746 del 5 novembre scorso, con cui è stata abbracciata l’interpretazione dell’Agenzia, fondando la “trasformazione” in un contesto di società fortemente in perdita.

LE SITUAZIONI POSSIBILI

Il finanziamento soci e la rinuncia
Interessante anche la possibile relazione fra un finanziamento soci concesso e il valore fiscalmente riconosciuto alla partecipazione detenuta. L’articolo 96, comma 5, del Tuir, prevede che per le imprese il costo della partecipazione posseduta sia comprensivo dei versamenti fatti a fondo perduto o in conto capitale, a cui deve essere aggiunto il valore del credito (ergo finanziamento) rinunciato dal socio.

Ai nostri fini, come ricordato dalla risoluzione 124/E del 13 ottobre 2017, la rinuncia al credito di qualsiasi natura (quindi anche finanziaria) costituisce un addendum per la valorizzazione della partecipazione, nei limiti del costo fiscalmente riconosciuto al credito rinunciato.

La trasformazione in riserva
L’Oic 28 lo tratta dedicandogli un paragrafo (il 36), dove la rinuncia alla restituzione del finanziamento fa scattare un vincolo di destinazione per quella somma, permettendo la contabilizzazione in una riserva del patrimonio netto.

La destinazione finale a una riserva di capitali è strettamente connessa al vincolo di destinazione che, se non espressamente enunciato dal socio o dalla società, lo dirotta verso la riserva in conto capitale. Tale riserva non ha un vincolo specifico, ma una destinazione generale che come ben precisato dal principio contabile avviene «pur in assenza dell’intendimento di procedere a futuri aumenti di capitale».

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