Adempimenti

La prova dei movimenti finanziari per mettersi al riparo dagli abusi

L’analisi elimina i dubbi in caso di conferimenti da Paesi ex black list

di Paolo Meneghetti

Un tema delicato nel calcolo dell’Ace è quello delle operazioni antiabuso e su questo tema si registra una interpretazione favorevole fornita a seguito di istanza di interpello dall’agenzia delle Entrate, Divisione grandi contribuenti, n. 956-621 del 2021.
L’articolo 10, comma 2 del Dm 3 agosto 2017 prevede che la base imponibile Ace sia ridotta dei conferimenti in denaro eseguiti a favore di società del gruppo. In tal caso la norma antiabuso penalizza il soggetto che esegue il conferimento in denaro, mentre il successivo comma 4 penalizza il conferimento ricevuto dalla società residente se viene emesso da soci ubicati in Paesi black list.
Con riferimento alla lista dei Paesi che consentono lo scambio di informazioni la relazione Illustrativa al Dm recita esplicitamente: per l’individuazione dei Paesi che consentono lo scambio di informazioni deve continuare a farsi riferimento alla lista di cui all’articolo 6, comma 1 del decreto legislativo 239/1996.
Tuttavia l’interpretazione inserita nella relazione Illustrativa genera un problema di non semplice soluzione. Infatti si afferma che il conferimento alla società residente deve provenire da società domiciliate in Stati white list, fin dal momento in cui ha avuto applicazione l’Ace, cioè dal 2011. Questa tesi è stata ritenuta da autorevole dottrina eccessivamente rigorosa, soprattutto quando il conferimento in denaro proveniente dall’estero è stato eseguito dopo che sia stata dichiarata l’appartenenza delle società del gruppo alla white list. Questa conclusione, secondo la circolare Assonime 13/2018, appare estremamente rigida e non giustificata nelle ipotesi in cui, ad esempio, il soggetto estero – dal quale si assume provenga il conferimento – sia stato costituito in data successiva all’attivazione dello scambio di informazioni con un Paese che, in origine, non era ricompreso nella lista di cui al Dlgs 239 del 1996.
Resta ferma, in ogni caso, la possibilità di avviare l’interpello probatorio ex articolo 11, comma 1, lettera b) della legge 212/2000 per attestare che il conferimento proveniente dall’estero non ha avuto quale effetto la duplicazione di base Ace e ciò potrebbe risultare, come rilevato da Assonime, se la società residente che ha ottenuto il conferimento sia stata costituita dopo l’ingresso dello Stato di ubicazione della conferente estera in white list. Oppure la dimostrazione di non duplicazione della base imponibile può avvenire analizzando i singoli movimenti finanziari della società conferente e della conferitaria, specie quando tali movimenti non sono eccessivamente numerosi.
Nell’interpello era stato eseguito un conferimento in denaro da parte di una società estera white list controllata da una capogruppo ubicata in Svizzera, Paese che oggi fa parte della white list, ma ne era escluso in data 1° gennaio 2011. Pertanto solo una analisi puntuale dei movimenti finanziari eseguiti dalla società residente che ha ricevuto il conferimento poteva eliminare il dubbio che ci si trovasse di fronte ad una duplicazione di base Ace. Il tema fondamentale da dimostrare è che la società residente che applica la agevolazione Ace non abbia eseguito trasferimenti di denaro verso la società non residente che a sua volta abbia conferito di nuovo le somme alla società residente. Se nessun movimento è stato eseguito dalla società residente a quella estera, la possibilità di ottenere parere favorevole alla disapplicazione diventa elevata, come è accaduto nel caso esaminato dall’interpello in questione che ha permesso la disapplicazione della norma di cui all’articolo 10, comma 4 del Dm del 3 agosto 2017.

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