Contabilità

La rinuncia al Tfm non porta all’incasso giuridico

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di Stefano Poggi Longostrevi

L’accantonamento per indennità di fine mandato degli amministratori, nella misura fissata dallo Statuto o da delibera dei soci, è deducibile per la società nei limiti delle quote maturate nell’esercizio e correttamente imputate a conto economico (articolo 105 comma 4, Tuir).

Secondo l’amministrazione finanziaria, la deducibilità del Tfm può avvenire per competenza (senza attendere il momento di effettivo pagamento) solo a condizione che il diritto all’indennità risulti con data certa antecedente all’inizio del mandato. In pratica, il requisito della data certa si applica non solo al percettore per fruire della tassazione separata ex articolo 17 Tuir, ma anche per la deduzione dell’accantonamento in capo alla società (risoluzione n. 211/E del 22 maggio 2008).

La norma di comportamento Aidc 180 dell’aprile 2011 afferma invece che l’accantonamento per Tfm, nella misura stabilita da apposita delibera, è sempre deducibile ai fini Ires per competenza, perché il richiamo all’articolo 17 operato dall’articolo 105 Tuir si riferisce alla qualificazione della tipologia di reddito e non ai presupposti ivi indicati.

L’interpretazione restrittiva dell’amministrazione finanziaria ha trovato condivisione nella Corte di Cassazione (sentenza 18752/2014). È quindi opportuno procedere con la massima prudenza, definendo ove possibile già in Statuto o con delibera con data certa l’attribuzione del Tfm, al fine di evitare future possibili contestazioni.

La rinuncia all’indennità da parte dell’amministratore non socio determina una sopravvenienza attiva per la società, tassabile ai fini Ires (articolo 88 comma 1, Tuir) se la stessa ha dedotto in passato gli accantonamenti, senza effetti impositivi in capo all’amministratore.

In caso di rinuncia al Tfm da parte dell’amministratore socio, con finalità di patrimonializzare la società partecipata, secondo la recente risoluzione 124/E/2017 dell’agenzia delle Entrate si determinerebbe un “incasso giuridico” in capo alla persona fisica, anche al fine di evitare salti d’imposta, in conformità all’orientamento della Cassazione (sentenza n. 1335 del 26 gennaio 2016).

A parere di chi scrive l’indicato orientamento dei giudici di legittimità potrebbe essere applicabile solo fino al 31 dicembre 2015. La nuova disciplina dell’articolo 88, comma 4-bis Tuir, introdotta dal 2016 con il Dlgs 147/2015, dispone che la rinuncia dei soci a crediti costituisce sopravvenienza attiva tassabile per la società per l’eccedenza del valore nominale rispetto al valore fiscale del credito, senza distinzioni tra soci persone fisiche e non. E, al momento della rinuncia, si ritiene che il “valore fiscale” del credito del socio per Tfm non incassato vada considerato pari a zero. Con conseguente sopravvenienza attiva ai fini fiscali sulla società. Ma senza dar luogo a tassazione sull’amministratore socio che rinuncia al credito, come indicato nella relazione illustrativa al Dlgs 147/2015, non essendoci più dal 2016 il motivo di evitare salti d’imposta che era alla base del citato orientamento della Cassazione.

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