La tregua temporanea della rottamazione-ter
La nuova stagione di sanatorie inaugurata dal decreto Fiscale di accompagnamento alla manovra di bilancio 2019 (articoli da 1 a 9 del Dl 119/2018, convertito nella legge 136/2018) presenta aspetti per molti versi condivisibili, sotto l’aspetto della tecnica legislativa. Si tratta infatti, quantomeno nelle intenzioni degli estensori, di una manovra connotata da un disegno unitario, tanto nelle sue linee generali che in taluni aspetti applicativi. Sotto il primo profilo, emerge la volontà di occuparsi di tutti i segmenti della fase attuativa del rapporto d’imposta, da quelli tipicamente istruttori (tra cui spicca il mezzo istruttorio per eccellenza del pvc) sino al momento del recupero coattivo delle somme accertate (la terza edizione della c.d. “rottamazione” delle cartelle) per finire alla vicenda giudiziale (la definizione delle liti pendenti).
Dal lato applicativo, le procedure di definizione si connotano per tre aspetti comuni: a) la regolarizzazione della posizione del contribuente richiede il pagamento integrale delle imposte dovute, fatta salva la fattispecie delle liti pendenti, per le quali correttamente, come più oltre evidenziato, si tiene conto degli esiti giudiziari intervenuti medio tempore; b) la tempistica di pagamento è di cinque anni, diversamente cadenzati a seconda della specifica modalità di definizione applicata; c) non è ammesso il pagamento con compensazione dei crediti d’imposta, attraverso il modello F24. Quest’ultimo aspetto, peraltro, evidenzia l’esigenza di “fare cassa” sottesa alla novella in esame, che emerge con ancora più forza dal divieto di utilizzare in compensazione le perdite pregresse, recato nella definizione dei pvc e degli avvisi di accertamento.
Il fatto che la definizione non comporti la rinuncia al tributo dovuto legittima, entro certi limiti, l’aspirazione dell’attuale compagine governativa a non vedersi ascrivere l’introduzione di condoni veri e propri.
È nota al riguardo la distinzione tradizionale, elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, tra “condoni puri” e “condoni impuri” (o clemenziali), laddove i primi si qualificano per la circostanza di scontare anche le imposte dovute, mentre nei secondi l’abbattimento riguarda solo gli accessori ai tributi (sanzioni e interessi).
Non è un caso che proprio l’unica fattispecie di condono tipico, inizialmente prevista nel decreto fiscale, e cioè la dichiarazione integrativa speciale, è stata subitaneamente soppressa in sede di conversione.
Va altresì segnalato che questo nuovo ciclo ha corretto alcuni errori di impostazione commessi nelle precedenti edizioni delle due sanatorie che costituiscono la riproposizione di discipline già adottate nel recente passato; ci si riferisce alla rottamazione delle cartelle e alla definizione delle liti pendenti.
La prima, anticipata nell’articolo 6 del Dl 193/2016 (“prima rottamazione”) e poi nell’articolo 1 del Dl 148/2017 (“rottamazione-bis”), nel recente passato ha avuto il difetto non trascurabile di imporre una tempistica di pagamento troppo breve, che nella migliore delle ipotesi si risolveva in un anno, con obbligo però di pagare la quota di maggiore importo entro pochi mesi. È del tutto evidente che, soprattutto a fronte di somme di ingente ammontare, con la possibilità a regime di chiedere una dilazione all’agente della riscossione che può arrivare fino a 10 anni, il debitore ha dovuto in molti casi rinunciare ad avvalersi della procedura agevolata per mancanza della liquidità necessaria.
La definizione delle liti pendenti, attuata con l’articolo 11 del Dl 50/2017, è stata invece un grande insuccesso perché la procedura richiedeva sempre e comunque il versamento dell’intera maggiore imposta accertata, senza che rilevassero le sentenze depositate nel frattempo. Anche in questo caso è evidente che hanno avuto convenienza a definire solo i contribuenti che avevano fondate ragioni di temere la sconfitta davanti alla giustizia tributaria, con un effetto finale sostanzialmente negativo per l’erario, che probabilmente ha incassato meno di quanto avrebbe potuto se il giudizio fosse giunto a conclusione e non ha incassato nulla dai giudizi in cui vi erano concrete probabilità di soccombenza del fisco.
Rispetto a tali evidenti inconvenienti, l’attuale formulazione di legge appare senza dubbio migliorativa, poiché allunga per l’appunto a cinque anni il lasso temporale di assolvimento del debito da condono e, con riguardo alle liti pendenti, giunge sino ad una riduzione al 5% delle somme dovute, nei casi di giudizio in Cassazione con doppia conforme favorevole al contribuente nei due precedenti gradi di merito.
Non mancano tuttavia gli aspetti critici. Se ne evidenziano alcuni.
Sotto il profilo strettamente applicativo, seguendo l’ordine legislativo delle diverse definizioni agevolate, si segnala in primo luogo l’obbligo dell’accettazione integrale del contenuto dei pvc, ai fini della regolarizzazione delle relative violazioni. La previsione non appare ragionevole in un contesto normativo a regime che già consente di regolarizzare, con modalità di favore, le singole violazioni contestate in un processo verbale.
Nell’ambito della sanatoria degli avvisi di accertamento, inoltre, risulta inaccettabile l’interpretazione manifestata nel provvedimento attuativo delle Entrate secondo cui se, dopo il 24 ottobre 2018, si presenta istanza di accertamento con adesione o si propone ricorso avverso l’atto potenzialmente sanabile si rinuncia irrimediabilmente alla facoltà di definizione agevolata. Si tratta di tesi in alcun modo supportata dalla disciplina di legge che richiede una correzione immediata, a pena della insorgenza di un inopportuno e sgradito contenzioso da condono.
Tutta da decifrare è la sanatoria degli errori formali che necessita di una puntuale delimitazione dell’ambito oggettivo di legge. Occorrerà altresì chiarire in cosa consista esattamente “la rimozione delle irregolarità od omissioni”, che costituisce uno degli elementi integrativi del perfezionamento della definizione agevolata. Mancano inoltre del tutto gli avvisi bonari che, però, stando agli annunci, dovrebbero essere ripescati, almeno in parte, nella legge di Bilancio 2019.
Da un punto di vista sistematico, infine, le misure in esame si caratterizzano come interventi meramente congiunturali, poiché non si accompagnano ad una riforma dell’ordinamento tributario, che non può consistere in un mero inasprimento di sanzioni (“spauracchio” per i soli contribuenti onesti) ma passa necessariamente da una vera opera di semplificazione.
Tratto da Norme & Tributi Mese gennaio 2019