Le coltivazioni idroponiche con radici fuori suolo trovano il proprio codice Ateco
Attribuito il codice «01.13.21». Anche nel settore della floricoltura è stato aggiunto il codice «01.19.21»
Le coltivazioni idroponiche debuttano nei codici Ateco nella sezione dell’agricoltura. In particolare nel comparto degli ortaggi sono inserite le coltivazioni idroponiche (cioè con radici fuori suolo - coltivazioni aeree): codice «01.13.21». Mentre nel codice «01.12.29» rimangono le coltivazioni tradizionali di ortaggi ad esclusione di quelle fuori suolo idroponiche. Anche nel settore della floricoltura è stato aggiunto il codice «01.19.21»: coltivazioni di fiori idroponiche. Nel codice «01.19.29» sono ora previste le coltivazioni di fiori tradizionali ad esclusione di quelle fuori suolo idroponiche.
Che queste coltivazioni rientrassero in agricoltura era scontato in quanto alla luce dell’articolo 2135 del Codice civile che definisce l’impresa agricola, le attività di produzione di vegetali sono agricole sia che utilizzino o che possano utilizzare il fondo. Quindi l’utilizzo del terreno è solo potenziale e pertanto anche le coltivazioni fuori terra sono considerate agricole. L’importante che l’attività sia diretta alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria al ciclo stesso. L’importante che il vegetale cresca ed aumenti in volume quindi in quantità ed in qualità.
Le produzioni idroponiche con le radici fuori dal terreno come si sono potute ammirare ad Expo 2015 di Milano, si sviluppano in altezza raggiungendo anche livelli verticali elevati. Ai fini dell’Iva tali attività rientrano a pieno titolo del regime speciale di cui all’articolo 34 del Dpr 633/72, ma tale regime non è conveniente in quanto la percentuale di compensazione sugli ortaggi e fiori è del 4% chiaramente insufficiente a compensare l’imposta assolta sugli acquisti. Quindi i produttori di fiori e ortaggi generalmente optano per il regime normale Iva.
Ai fini delle imposte dirette tale attività rientra potenzialmente nel reddito agrario, ai sensi dell’articolo 32 del Tuir, in quanto riguarda lo sviluppo di vegetali. Il dato letterale della norma però non aiuta in quanto non richiama l’articolo 2135 del codice civile, come avviene invece per l’Iva, mentre l’articolo 32 richiama le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura. Però la lettera b) dell’articolo 32, richiama espressamente le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie se la superficie adibita alla produzione, non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione insiste.
Se il legislatore ha ricompreso le coltivazioni svolte su più piani ha abbandonato il vincolo del terreno potendo ricomprendere nel reddito agrario anche il secondo piano produttivo che non può essere il suolo ma un bancale o piani rialzati.
L’articolo 32 fa rientrare nel reddito agrario la coltivazione svolta sui primi due piani, facendo rientrare nel reddito di impresa, ma con un regime forfetario imperniato sempre sul reddito agrario, l’attività svolta sui piani successivi al secondo (articolo 56-bis del Tuir).
La legge 106/2005 ha previsto l’autodeterminazione del reddito agrario per le attività di allevamento ittico svolte in superfici acquatiche.
Anche per le coltivazioni idroponiche sarebbe necessario uno sforzo normativo, in quanto le produzioni si sviluppano in verticale fino, ma non sempre sono individuabili dei piani. Talvolta sono svolte in edifici industriali nemmeno classificati come rurali in quanto sorti non al servizio del fondo e quindi difficilmente inquadrabili nel reddito agrario. Se si trattasse di un edificio rurale iscritto nella categoria catastale D10 si potrebbe autodeterminare il reddito agrario come avviene per le serre (articolo 28, ultimo comma, del Tuir) in base alla tariffa d’estimo più elevata nella provincia. Ma poi rimane il problema della individuazione dei piani produttivi. Sarebbe insomma necessario che della questione se ne facesse carico il legislatore disponendo una tariffa di reddito agrario da moltiplicare per la superficie di sedime coperta dalla struttura, moltiplicata per un idoneo moltiplicatore che tenga conto degli elevati fattori della produzione.