Il CommentoControlli e liti

Le norme europee strumento di tutela nel diritto del lavoro

di Enrico Traversa

La recente sentenza della Corte di giustizia del 24 marzo 21 nella causa C-870/19, presenta un'importanza di principio in materia di sanzioni amministrative di diritto del lavoro che va molto al di là del quesito specifico posto dalla Corte di cassazione ai giudici europei.

Oggetto della sentenza era la sanzione irrogata dalla Prefettura di Firenze a due conducenti di camion che non erano stati in grado, in occasione di un controllo di polizia stradale, di esibire i fogli di registrazione dell'apparecchio di controllo relativi a vari giorni di attività. La sanzione disposta dalla Prefettura consisteva in realtà in un “fascio” di sanzioni, una per ogni giorno per il quale i conducenti non avevano esibito i fogli di registrazione delle loro ore di guida, ed era stata irrogata sulla base dell'articolo 19 della legge 727/1978 contenente le norme di attuazione del regolamento Ue 1615/2016 che disciplina gli orari di guida e di riposo nel settore dei trasporti su strada.

Al quesito della Cassazione se la mancata presentazione dei fogli di registrazione costituisse un'infrazione unica o multipla, la Corte di giustizia ha risposto che la violazione dell'obbligo previsto dal regolamento Uesui trasporti su strada era da considerare un'infrazione unica, pertanto punibile con una sola sanzione, con conseguente illegittimità del provvedimento sanzionatorio plurimo della Prefettura. Per arrivare a questa conclusione la Corte di giustizia ha presupposto che la legge 727/1978, come tutte le legislazioni nazionali che completano atti legislativi Ue con la previsione di sanzioni (sentenze C-617/10, p. 27 e C-189/18, p. 59), fosse una legge «di attuazione del diritto dell'Union»” ai sensi dell'articolo 51 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione (CdF), il che rende applicabili tutte le garanzie previste dagli articoli 47-50 della Carta stessa. Sulla base di tale presupposto la Corte Ue ha fatto applicazione dell'articolo 49 della CdF che prescrive il rispetto del principio di proporzionalità in base al quale «la sanzione dev'essere modulabile a seconda della gravità dell'infrazione».

Alle stesse norme sanzionatorie della legge 727/1978 saranno di conseguenza applicabili anche i principi enunciati dalla Corte Ue nelle due precedenti sentenze C210/10 e C-501/14 riguardanti lo stesso regolamento Ue, in particolare la regola secondo cui è contraria al principio di proporzionalità la previsione di sanzioni di importo forfetario per tutta una serie di infrazioni qualunque sia la loro gravità e quindi senza che l'amministrazione possa tener conto delle “circostanze concrete” di ciascuna infrazione.

Su un piano più generale, la sentenza C-870/19 rappresenta un energico richiamo a tutte le amministrazioni italiane con competenze in materia di lavoro, al rispetto delle garanzie procedurali e sostanziali previste dalla CdF Ue e precisate dalla Corte di giustizia nella sua giurisprudenza riguardante le sanzioni amministrative in tutti i settori della legislazione europea. Al riguardo merita di essere segnalata la sentenza C-64/18, confermata dalle ordinanze C-645/18 e C-140/19, riguardante la legislazione austriaca sui lavoratori distaccati di attuazione della direttiva Ue 2014/67 ed in particolare l'obbligo, imposto all'imprenditore di un altro Stato membro, di tenere a disposizione dell'ispettorato del lavoro dello Stato di distacco la documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni. La Corte di giustizia ha dichiarato contraria al principio di proporzionalità la norma di legge austriaca che sanzionava la violazione di un obbligo formale quale la mancata esibizione della documentazione salariale, con un complesso di ammende «irrogate cumulativamente per ciascun lavoratore interessato e senza un massimale» che nel caso concreto ammontavano a oltre 3 milioni di euro. La norma legislativa austriaca è del tutto simile all'articolo 12 del Dlgs 136/2016 che traspone in diritto italiano la stessa direttiva Ue 2014/67, con conseguente illegittimità della iperbolica sanzione pecuniaria ivi prevista, in caso di mancata conservazione di documenti, da 500 a 3mila euro per ogni lavoratore distaccato. Anche la sentenza C-64/18 dimostra pertanto che i datori di lavoro possono invocare tutte le tutele assicurate dal diritto europeo e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, nel caso di sanzioni amministrative irrogate sulla base delle norme di diritto del lavoro italiano che costituiscono attuazione di direttive Ue.

Fra queste un'importanza particolare presentano le disposizioni sanzionatorie del T.U sulla salute e sicurezza sul lavoro (d.lgs. 81/2008 che recepisce la direttiva UE 89/391) e del d.lgs. 66/2003 di attuazione della direttiva UE 2000/34 sull'orario di lavoro. Le tutele assicurate dal diritto europeo comprendono, oltre al principio di proporzionalità, egualmente il diritto di difesa (art. 48 CdF) che include il diritto dei destinatari di decisioni sanzionatorie di presentare osservazioni anche se la legislazione nazionale non prevede la previa audizione dell'interessato (sentenza C189/18, p.39-42). Inoltre l'art. 50 CdF vieta il cumulo di sanzioni penali e di sanzioni amministrative “di natura penale” per la stessa infrazione, essendo evidente che sono da considerare tali gran parte delle sanzioni amministrative in materia di lavoro per la loro “finalità repressiva” e per il loro “elevato grado di severità” (C-481/19, p. 43). Queste garanzie si applicano tuttavia soltanto alle sanzioni previste in leggi di trasposizione di direttive UE e non alle sanzioni previste dalle altre leggi in materia di lavoro, con un'ingiusta “discriminazione a rovescio” che soltanto un intervento della Corte costituzionale puó eliminare.