LE PAROLE DEL NO PROFIT/Terzo settore, sponsor boomerang sotto il profilo fiscale
Il Terzo settore apre alle sponsorizzazioni come attività diverse, ma senza conseguenze negative per la qualifica fiscale dell’ente. La tematica è di grande interesse per il mondo non profit, che negli ultimi anni ha registrato un aumento di questo tipo di attività anche grazie alle crescenti relazioni con il settore profit, sempre più interessato a collaborare con i veicoli non lucrativi per accrescere la propria reputazione sociale.
Due sono le disposizioni da considerare sul punto. L’articolo 6 del Dlgs 117/2017 consente espressamente agli enti del Terzo settore (Ets) di svolgere attività “diverse” da quelle di interesse generale, purché secondarie e strumentali secondo i criteri che saranno fissati con apposito decreto ministeriale. In particolare, se sarà confermato lo schema approvato dalla cabina di regia, i ricavi derivanti da tali attività non dovranno superare alternativamente il 30% delle entrate complessive dell’ente o il 66% dei costi.
In quanto attività diverse, i ricavi derivanti da sponsorizzazioni saranno soggetti a tassazione, con misura variabile a seconda che l’ente possa optare per uno dei nuovi regimi forfetari della riforma (articoli 80 e 86 del Dlgs 117/2017) o sconti sull’imposizione ordinaria. Tuttavia, per incentivare questo tipo di attività in ottica di autofinanziamento, i ricavi da sponsorizzazione vengono esclusi dal calcolo per verificare la natura commerciale o meno dell’ente (articolo 79, comma 5). Nello specifico, gli Ets si distingueranno in commerciali o non commerciali a seconda che nel periodo di imposta abbiano fatto registrare in misura prevalente entrate di natura commerciale o meno, potendo solo nel secondo caso optare per i regimi forfetari agevolati introdotti dalla riforma. Le entrate delle sponsorizzazioni, tuttavia, non dovranno essere conteggiate ai fini di questa verifica, per cui gli enti non dovranno preoccuparsi di perdere la qualifica laddove esercitino tali attività.
La nuova disciplina pone anche fine alle incertezze suscitate dal precedente quadro normativo, che vedeva con diffidenza questo tipo di attività da parte di enti senza scopo di lucro, soprattutto se dotati della qualifica di Onlus. Sul punto, si ricorda l’interpretazione restrittiva resa dalla risoluzione 365/E/2002, nel rispondere ad un interpello in materia di «cause related marketing» (tecnica pubblicitaria utilizzata da numerose imprese che abbinano il proprio marchio ad iniziative di solidarietà sociale o a progetti di interesse collettivo). In particolare, secondo l’amministrazione finanziaria, tali attività (così come quelle di sponsorizzazione) sarebbero ammesse per le Onlus solo se riconducibili nell’ambito di raccolte occasionali di fondi e, quindi, al ricorrere dei seguenti presupposti:
•carattere sostanzialmente liberale della causa negoziale;
•pubblicità e occasionalità della raccolta fondi, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione.
Queste limitazioni non avranno più ragione di esistere nel nuovo impianto della riforma. Gli Ets potranno esercitare liberamente attività di sponsorizzazione o pubblicitarie in genere, anche mettendo a disposizione il proprio brand a soggetti profit, senza tuttavia rischiare la perdita della qualifica di ente del Terzo settore. L’unica accortezza sarà quella di rispettare i criteri di secondarietà e strumentalità all’articolo 6 del Dlgs 117/2017 e di assoggettare a tassazione i relativi ricavi.