Contabilità

LE PAROLE DEL NON PROFIT/Terzo settore, spazio a quote di minoranza in soggetti lucrativi

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di Gabriele Sepio e Fabio Massimo Silvetti


Gli enti del Terzo settore (Ets) possono investire in azioni e quote di minoranza in soggetti lucrativi, ai fini di una gestione patrimoniale di carattere statico-conservativo. I relativi dividendi e plusvalenze sono determinati e tassati con le modalità ordinarie ai sensi degli articoli 143 e 144 del Tuir e vanno reinvestiti nelle finalità istituzionali. Quanto sopra trova conferma nei decreti di riforma del Terzo settore, oltre che in chiarimenti interpretativi già forniti dall’amministrazione finanziaria in materia di Onlus.

Nelle ipotesi precedenti, l’Ets non assume un ruolo di coordinamento o direzione del soggetto partecipato, che potrebbe configurare attività di holding non menzionate tra i settori di interesse generale delineati dall’ articolo 5 del Codice del Terzo settore (sul punto si vedano la risoluzione 83/E/2005 e la circolare 59/E/2007 , in materia di partecipazioni in società di capitali possedute da una Onlus). In questo caso, poiché i proventi sono sottoposti a tassazione ordinaria, non dovrebbero sussistere limitazioni di ordine quantitativo quanto agli importi percepiti se non quelli previsti per le attività secondarie. È, invece, fondamentale che le risorse ottenute vengano destinate allo svolgimento dell’attività statutaria.

Il possesso di partecipazioni di controllo da parte degli Ets potrebbe essere ammesso, nel quadro della riforma, come attività “diversa” in base all’ articolo 6 del Codice del Terzo settore , rispettando i criteri ed i limiti che saranno definiti (anche sotto un profilo quantitativo) tramite un apposito decreto ministeriale. Nella fattispecie, i proventi verrebbero tassati come redditi d’impresa ed accedere ai regimi impositivi semplificati previsti dagli articoli 80 e 86 del Codice, attualmente al vaglio della Commissione europea, fermo restando l’obbligo del reimpiego negli scopi istituzionali.

Un’altra prospettiva di investimento verso la quale gli Ets potrebbero orientarsi riguarda le imprese sociali, la cui disciplina è stata rinnovata con il Dlgs 112/2017 . L’amministrazione finanziaria, in passato, si era pronunciata a favore del possesso di partecipazioni in queste realtà da parte delle Onlus, facendo leva sulla comune natura solidaristica e non lucrativa ( circolare 38/E/2011 ).

Questa posizione era stata espressa in vigenza del vecchio Dlgs 155/2006 il quale, a differenza del decreto 112/2017, non prevedeva alcuna specifica disposizione fiscale per le imprese sociali che, dunque, venivano tassate alla stregua delle normali imprese lucrative. L’impostazione meriterebbe una conferma anche nel nuovo assetto normativo, poiché il nuovo decreto assicura comunque lo svolgimento di attività di interesse generale e la complessiva gestione non lucrativa dell’impresa sociale, prevedendo la non imponibilità degli utili reinvestiti e la tassazione ordinaria di quelli che, nei limiti di legge, vengono distribuiti.

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