Imposte

LE PROPOSTE ALLA POLITICA/2 - Abrogazione dello split payment e del reverse charge interno

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di Luca De Stefani

Il meccanismo dello split payment, che dal 1° gennaio 2015 obbliga il cessionario/committente pubblico al versamento materiale all’Erario dell’Iva delle fatture passive ricevute dallo stesso (in luogo del pagamento di questa imposta al cedente/prestatore), è stato autorizzato dal Consiglio Ue, con la decisione 25 aprile 2017, n. 2017/784/Ue, in deroga all’articolo 206 della direttiva 2006/112/CE, solo fino al prossimo 30 giugno 2020. L’Italia, inoltre, ha «assicurato che non chiederà il rinnovo della deroga», in quanto per questa data, grazie anche all’obbligo della fattura elettronica tra i privati e la Pa, dovrebbe essere «pienamente attuato» un sistema che consente alle autorità fiscali italiane la verifica incrociata delle diverse operazioni dichiarate dagli operatori e il controllo dei versamenti Iva.

Ci si auspica, quindi, che venga confermata questa scadenza del regime della scissione dei pagamenti. Inoltre, è auspicabile anche che, grazie all’introduzione della fattura elettronica tra i privati dal primo gennaio 2019, venga abrogato anche il meccanismo del reverse charge interno, ad esempio nel settore edile, il quale è efficace dal 1° gennaio 2007, grazie alla direttiva comunitaria n. 2006/69/CE del 24 luglio 2006, che ha autorizzato gli Stati membri a derogare all’ordinario sistema di applicazione dell’Iva, per determinate prestazioni, tra le quali si annoverano i servizi di costruzione, inclusi i servizi di riparazione, pulizia, manutenzione, modifica e demolizione, relative a beni immobili.

Esterometro e Intra
Tra le operazioni transfrontaliere da inviare nell’esterometro devono essere ricomprese tutte le cessioni e gli acquisti intracomunitari di beni e di servizi, nonostante alcune di queste siano già comunicate negli eventuali modelli Intrastat, quando obbligatori (Faq delle Entrate nn. 121/2019 e 122/2019).

Per gli acquisti di beni Ue, il modello Intra-2 bis non va inviato solo nei casi in cui l’ammontare totale trimestrale degli acquisti di beni Ue è inferiore a 200.000 euro in tutti i 4 trimestri precedenti. Lo stesso vale per i servizi Ue ricevuti (Intra-2 quater), dove il limite però è di 100.000 euro. Per i modelli Intra di cessioni di beni Ue (Intra-1 bis) e per i servizi resi a soggetti Ue (Intra-1 quater), invece, non è prevista alcuna esenzione.
Se la e-fattura, per un’operazione attiva o passiva Ue, viene inviata o ricevuta, «tramite» il Sdi, al proprio cliente o dal proprio fornitore ovvero, solo per la fattura attiva Ue, viene inviata «al» Sdi con il codice destinatario XXXXXXX, è possibile evitare l’invio dei relativi dati con l’esterometro, ma non è possibile di evitare la presentazione dei modelli Intra (Faq nn. 77/2019 e 25/2018).

La duplicazione degli adempimenti (modello Intra ed esterometro o e-fattura), quindi, è evidente e ci si auspica una modifica legislativa sul tema.

Esterometro anche per operazioni non rilevanti ai fini Iva
A differenza dello spesometro (abrogato dal 31 dicembre 2019), l’esterometro non riguarda solo le operazioni rilevanti ai fini dell’Iva, ma tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato (tranne nei casi di fattura elettronica o di bolla doganale) (circolare 17 giugno 2019, n. 14/E). Quindi, non è significativo il fatto che l’operazione sia o meno rilevante, ai fini Iva, nel territorio nazionale (risposta 27 marzo 2019, n. 85).

L’esterometro va inviato, pertanto, anche per operazioni da operatori non residenti, fuori campo Iva per carenza del presupposto territoriale, come ad esempio l’acquisto di carburante o di prestazioni alberghiere o di ristorazione in un Paese Ue o extra-Ue, che sono assoggettati all’imposta nel Paese dove la cessione viene effettuata o la prestazione viene resa (articolo 7-quater, dpr 633/1972). Questo invio di dati non rilevanti ai fini Iva, peraltro, deve essere effettuato anche se di basso importo (si pensi, ad esempio, al consumo di un caffè in un bar all’estero, durante una trasferta).

Si auspica, quindi, l’inserimento di un limite minimo di importo delle operazioni attive o passive da inviare con l’esterometro ovvero l’eliminazione dell’invio dei dati per le operazioni fuori campo Iva per carenza del presupposto territoriale. (Luca De Stefani)

Accorpamento dell’acconto Iva nel saldo
Dal 1991, i soggetti passivi Iva sottoposti agli obblighi di liquidazione e versamento Iva mensile o trimestrale, devono anche versare l’acconto Iva entro il 27 dicembre di ogni anno (articolo 6, commi da 2 a 5-quater, Legge 29 dicembre 1990, n. 405).

Per determinare l’acconto dell’Iva dovuto, è possibile scegliere uno dei seguenti tre metodi alternativi: quello storico, quello previsionale o quello delle operazioni effettuate fino al 20 dicembre dell’anno, cosiddetto metodo analitico-effettivo (ovvero quello particolare applicabile alle utenze).

L’importo dell’Iva che viene versato in acconto va a diminuire l’imposta da versare per il mese di dicembre (per i mensili), scadente il 16 gennaio dell’anno successivo, ovvero quello dovuto per l’ultimo trimestre, da pagare entro il 16 marzo (per i trimestrali).

In pratica, la scadenza del 27 dicembre di ogni anno per il pagamento dell’acconto Iva, anticipa di soli 20 giorni il saldo dell’Iva del mese di dicembre, scadente il 16 gennaio (per i mensili) e di circa 2 mesi e mezzo la scadenza del saldo per i trimestrali, scadente il 16 marzo.

Considerando la sproporzione tra il notevole impegno, durante il periodo natalizio, per il calcolo dell’importo dell’acconto Iva da versare, rispetto al limitatissimo anticipo finanziario dell’acconto rispetto al normale saldo dell’imposta, quindi, si chiede al nuovo Governo l’eliminazione di questo adempimento.

Esterometro mensile troppo frequente
A differenza dello spesometro, che doveva essere inviato con cadenza semestrale, l’esterometro invece deve essere inviato entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello della data della fattura attiva emessa ovvero a quello della data di ricezione del documento comprovante l’operazione passiva (articolo 1, comma 3-bis, decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127). Quest’ultima coincide con la data di registrazione dell’operazione, ai fini della liquidazione Iva.

Il 2 settembre scorso (il 31 agosto 2019 è un sabato), ad esempio, è scaduto l’esterometro del mese di luglio 2019. Solo per gli esterometri di gennaio e febbraio 2019, è stata prevista la proroga al 30 aprile 2019, rispettivamente dal 28 febbraio 2019 e dal 31 marzo 2019.
Ci si auspica, quindi, la modifica della scadenza della presentazione dell’esterometro, portandola da una cadenza mensile, ad esempio, ad una cadenza trimestrale o semestrale.

Imposta di bollo da 2 euro nella e-fattura
Il pagamento dell’imposta di bollo da 2 euro, dovuta sulle fatture elettroniche emesse dal 1° gennaio 2019, in generale con operazioni non soggette a Iva per importi superiori a 77,47 euro, deve avvenire entro il giorno 20 del primo mese successivo al trimestre in cui le fatture elettroniche sono state «correttamente elaborate e non scartate» dal Sdi, per le quali il Sdi «ha consegnato o messo a disposizione il file della fattura nel trimestre di riferimento». Per le e-fatture emesse nel 2018, invece, il pagamento doveva essere effettuato in un’unica soluzione annuale entro il 23 aprile 2019 (considerano che il 20 aprile 2019 era un sabato e il 22 era Pasquetta).

Oltre a questa accelerazione della frequenza delle scadenze dei pagamenti (da annuale a trimestrale), va anche ricordato che il perimetro delle fatture da assoggettare a questa imposta di bollo da 2 euro non è facilmente automatizzabile dai software di fatturazione, in quanto non tutte le fatture con operazioni non soggette a Iva per importi superiori a 77,47 euro sono assoggettate al bollo. Ad esempio, sono esentate le fatture per le esportazioni e le cessioni Ue, anche se non imponibili, mentre l’imposta di bollo è dovuta per le fatture con importi esenti (articolo 10, dpr n. 633/1972) o esclusi (articolo 15) da Iva, superiori a 77,47 euro.

Considerando la sproporzione tra il notevole impegno per la predisposizione delle e-fattura e per il calcolo trimestrale (e non annuale) dell’imposta di bollo, rispetto al basso gettito di questa imposta, quindi, si chiede al nuovo Governo l’abrogazione della stessa.

Invio al Sdi della e-fattura differita
La data della fattura elettronica differita può essere, alternativamente:
a) la «data di predisposizione e contestuale invio» al Sdi, cosiddetta «data di emissione», che può variare dal giorno successivo rispetto a quello dell’operazione (ad esempio, l’ultimo giorno del mese) al giorno 15 del mese successivo all’operazione; in questo caso, l’invio al Sdi dell’xml dovrebbe essere «contestuale» alla data di predisposizione/emissione, ma considerate le problematiche tecniche di trasmissione, è «tollerata una differenza di qualche giorno tra la data di predisposizione/emissione indicata in fattura» e «quella certificata dal Sdi nella ricevuta di esito della trasmissione» (risposta dell’agenzia delle Entrate del 28 giugno 2019 ad Assosoftware-Monitor);
b) la data di almeno una delle operazioni che vengono fatturate con il documento differito (consegna o incasso); la circolare 17 giugno 2019, n. 14/E, ha chiarito che, in questi casi, l’invio al Sdi può avvenire dal giorno stesso della data della fattura al giorno 15 del mese successivo.

Ci si auspica che quest’ultima possibilità, data dall’agenzia delle Entrate, di inviare al Sdi entro il giorno 15 del mese successivo solo le e-fatture differite con data della fattura pari a quella di effettuazione dell’operazione venga concessa chiaramente (meglio con una norma ad hoc) anche alle fatture differite con «data di emissione» compresa tra il giorno successivo a quello dell’operazione (ad esempio, l’ultimo giorno del mese) e il 15 del mese successivo.

Codice per la «fattura differita» da indicare nel campo «TipoDocumento»
La data della fattura elettronica immediata è «sempre e comunque» la data di effettuazione dell’operazione e non quella di predisposizione o «emissione/trasmissione della fattura al Sdi» (faq 1.1 delle Entrate all’evento del Cndcec del 15 gennaio 2019, confermata dalla circolare del 18 giugno 2019, n. 14/E, paragrafo 3.1). Dal primo luglio 2019, l’emissione delle fatture immediate elettroniche, cioè la generazione e l’invio della fattura al Sdi può avvenire «entro dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione» e non più entro le ore 24 del giorno di effettuazione dell’operazione.

Nella e-fattura immediata, nulla vieta di compilare, facoltativamente, i campi del numero e della data del ddt di consegna dei beni ceduti, campi che invece sono obbligatori se si vuole emettere la e-fattura differita di la vendita di beni. Nulla vieta, poi, di indicare come data della e-fattura differita quella dell’operazione (cioè del ddt).

In questi casi, quindi, non vi è alcuna differenza nella compilazione delle due fatture (immediata o differita), in quanto entrambe riportano gli estremi del ddt di consegna e, come data della fattura, quella dell’effettuazione dell’operazione. L’unica differenza tra le due fatture, però, sta nel fatto che quella immediata va inviata al Sdi «entro dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione», mentre quella differita va inviata al Sdi entro il giorno 15 del mese successivo.

Ci si auspica che, per evitare dubbi sulla data di scadenza dell’invio dell’xml al Sdi, sia creato per la «fattura differita» un codice ad hoc da indicare nel campo «TipoDocumento», per distinguerlo dal codice TD01, che potrebbe rimanere dedicato alle sole «fatture immediate».

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