LE PROPOSTE ALLA POLITICA/2 - Nel magazzino aliquota del 3% rimanenze Lifo
La valutazione delle rimanenze di magazzino presenta da sempre alcune criticità che si riflettono anche sul versante fiscale.
In base al Codice civile (articolo 2426, n. 10) il metodo generale per la determinazione del costo dei beni è il costo specifico che presuppone l’individuazione e l’attribuzione alle singole unità fisiche dei costi specificatamente sostenuti per le unità medesime.
Tuttavia, la norma di legge prevede che il costo delle rimanenze di magazzino di beni fungibili (beni che presentano le stesse caratteristiche e sono fra loro scambiabili) può essere determinato alternativamente con i metodi Fifo, costo medio ponderato, e Lifo.
Pertanto, il costo specifico si applica obbligatoriamente ai beni non fungibili, mentre i beni fungibili possono essere valutati con i metodi alternativi.
Inoltre, nel caso di utilizzo dei metodi alternativi, in particolare, Fifo «primo entrato, primo uscito» e Lifo «ultimo entrato, primo uscito», se il valore ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa.
Le differenze più rilevanti emergono dall’utilizzo del metodo Lifo che immagina usciti (ceduti) per primi i beni acquistati/prodotti per ultimi (più recenti) con l’effetto che le rimanenze sono valorizzate ai prezzi più remoti: questo comporta, generalmente, la sottovalutazione delle stesse e l’obbligo di indicazione nella nota integrativa di quella che comunemente è definita «riserva (latente) Lifo».
Il metodo Lifo, ancorché previsto dalle direttive contabili, è ormai obsoleto tant’è che non molti anni fa ne era stata ipotizzata l’eliminazione dalle direttive, poi accantonata per i problemi fiscali che il passaggio dal Lifo al costo medio avrebbe comportato a causa della tassazione della citata «riserva Lifo».
Non c’è dubbio, infatti, che la valutazione Lifo non risponda più ai moderni principi di redazione del bilancio e, per questo, ci sono imprese che vorrebbero abbandonarla al fine di esporre in bilancio le rimanenze a valori più in linea con la reale situazione: ulteriore effetto è la semplificazione delle procedure di valutazione.
Tuttavia, emergerebbe la «riserva Lifo» che sarebbe tassata alle normali aliquote Ires e Irap, problema superabile se fosse prevista una tassazione bassa, per esempio al 3% che renderebbe forse appetibile, per le imprese, il cambiamento di valutazione perché il bilancio esprimerebbe valori più vicini alla realtà ed eliminerebbe le complicazioni contabili del Lifo.
Il vantaggio per il Fisco consisterebbe nell’incasso immediato di imposte, che la finzione del Lifo posticipa di fatto all’infinito rendendole latenti.
Per esempio, un’impresa che ha una riserva Lifo di un milione di euro potrebbe pagare il 3 per cento che il Fisco incasserebbe subito.