Le regole antiabuso guidano la definizione di beneficiario effettivo
Necessaria una revisione del principio per individure i veri percettori di reddito
L'agenzia delle Entrate nella risposta 569 del 30 agosto ha ribadito l'inapplicabilità dell'esenzione da ritenuta ex articolo 26, comma 5-bis, Dpr n. 600/1973 sugli interessi derivanti da finanziamenti a medio lungo termine erogati ad investitori istituzionali esteri. Più in particolare, in linea con la precedente risoluzione 76/2019, ha ritenuto inoperante, entro tale contesto, il principio del beneficiario effettivo rectius dell'approccio look through in cui tale locuzione, secondo l'attuale lettura interpretativa, si sostanzia. Ciò sul presupposto – condivisibile anche alla luce della lettura della nozione di beneficiario effettivo che si intende di seguito suggerire – dell'impossibilità di “superare” la consociata non residente percettrice del reddito a lei fiscalmente imputato priva della qualifica soggettiva prevista dalla norma, seppur quest'ultima, a sua volta, fosse “incaricata” di retrocedere i flussi ad un soggetto che ne è invece provvisto.
Secondo l'Agenzia, al fine di verificare la sussistenza del requisito soggettivo, anche in considerazione dell'esplicito riferimento normativo ai “percettori di reddito” contenuto nella richiamata disposizione, occorre avere riguardo esclusivamente al primo prenditore degli interessi, con conseguente inapplicabilità dell'esenzione a beneficiari dei redditi che non siano anche i diretti percettori degli stessi. Per cui, se il materiale percettore non integra i requisiti soggettivi, trova applicazione l'ordinario trattamento impositivo, restando irrilevante che il “beneficiario finale” del reddito li soddisfi.
Questa ulteriore presa di posizione offre lo spunto per riflettere nuovamente sulla nozione del beneficiario effettivo, che ancor oggi resta in attesa di un chiaro e definitivo inquadramento. Tale clausola, infatti, in origine, concepita per escludere l'applicazione dei benefici pattizi alle (sole) ipotesi in cui il primo percettore del flusso fosse un agente o mero fiduciario, è stata progressivamente dilatata in ottica sostanzialistica, fino a immedesimarsi, come evidenziato anche nella risposta in commento, nel principio del “guardare oltre” il primo prenditore. Orbene, una simile impostazione si appalesa impropria alla luce del definitivo affermarsi, in ambito domestico, europeo ed internazionale, del principio generale antiabuso, assistito da apposite garanzie procedimentali e da precise regole di ripartizione delle incombenze probatorie che, per il tramite di siffatta interpretazione, verrebbero altrimenti aggirate.
L'implementazione nei trattati bilaterali di clausole generali antiabuso fondate sul cosiddetto Ppt (principle purpose test), insieme con la possibilità, esplicitata in ambito europeo dalla Direttiva madre-figlia e da quella Atad, di utilizzare la clausola antiabuso anche per contrastare singole operazioni o fasi di esse non genuine, impone di esplorare nuovi percorsi interpretativi del requisito del beneficiario effettivo. È evidente, infatti, come l'attuale approccio sostanzialistico si risolve in un'ampia indagine sui poteri e ruolo del soggetto estero che, come emerge dagli ultimi pronunciamenti del giudice europeo (le cosiddette sentenze danesi) e della Corte di cassazione (24287/2019; 14756/2020; 17746/2021), finisce per confondersi con quella propria del sindacato antiabuso.
Al fine di evitare indebite sovrapposizioni, la clausola del beneficiario effettivo dovrebbe, quindi, riappropriarsi della sua originaria funzione di criterio di attribuzione del reddito volto a disconoscere la limitazione dell'imposizione alla fonte nei confronti di figure, quali agenti, fiduciari o entità “passanti”, cui non è fiscalmente imputato il reddito nel loro Stato di residenza. Per contro, ogni obiettivo di “scardinare” il soggetto primo percettore, non dovrebbe esser perseguito disconoscendo il requisito del beneficiario effettivo in capo a detto soggetto, bensì attraverso l'esercizio del sindacato antiabuso, con i conseguenti riverberi sul piano delle garanzie procedurali e di ripartizione dell'onere probatorio, gravante, almeno in prima battuta, sulla parte pubblica. E così il trattamento impositivo applicabile bypassando il primo prenditore, dovrebbe rilevare su un differente piano, quale utile elemento, per l'Ufficio, per fondare la contestazione antiabuso, ovvero, al contrario, per il contribuente, per paralizzarla, dimostrando che anche qualora l'operazione fosse stata attuata “direttamente” con il soggetto “a monte” avrebbe ricevuto un analogo trattamento impositivo o addirittura uno più mite.