Legge di stabilità, tutti i vantaggi del retro-trasferimento degli immobili non strumentali
A chi in passato avesse deciso di inserire nel perimetro societario immobili non strumentali all’attività d’impresa, la legge di Stabilità 2016 potrebbe offrire l’opportunità del retro-trasferimento alla naturale sfera personale, a fronte di un “costo” (fiscale) molto conveniente e con indubbi vantaggi da tener presenti per il futuro.
L’articolo 11 della bozza di legge di Stabilità prevede infatti per le società - di capitali e di persone, con esclusione delle società semplici - che assegnino o cedano beni ai soci entro il 30 settembre 2016 (rileva, a tal fine, la data dell’atto di assegnazione e non la delibera assembleare che la statuisce), la possibilità di usufruire di un regime impositivo particolarmente favorevole. Per potersi avvalere di tale opportunità, sono richieste due condizioni:
1) l’operazione deve avere ad oggetto un bene immobile (o mobile registrato in pubblici registri) non strumentale - per destinazione - all’attività d’impresa;
2) l’intera compagine sociale deve risultare iscritta nel libro dei soci alla data del 30 settembre 2015: tale condizione dovrebbe interpretarsi nel senso che all’atto dell’assegnazione soltanto i soci che rivestivano tale qualifica anche alla data del 30 settembre 2015, possono usufruire delle agevolazioni in esame (circolare n.112/E/1999).
Il risparmio d’imposta rispetto all’applicazione delle norme ordinarie interessa principalmente le assegnazioni aventi ad oggetto immobili non strumentali per natura, ad esempio immobili abitativi - sui quali concentriamo l’attenzione nel proseguo - mentre per quanto riguarda gli immobili strumentali per natura ma non anche per destinazione, la convenienza dovrà essere valutata caso per caso.
Il vantaggio fiscale riguarda le imposte dirette - Ires. e Irpef - sull’eventuale plusvalenza generata, nonché l’imposta di registro applicabile all’operazione di retro-conferimento.
In base al combinato disposto dei commi primo e terzo dell’articolo 86 del Dpr 22 dicembre 1986, n.917, le plusvalenze derivanti dall’assegnazione di beni ai soci concorrono ordinariamente a formare il reddito dell’impresa (assoggettato ad Ires o, in caso di società trasparenti, ad Irpef) per la differenza tra il valore normale e il costo non ammortizzato del bene stesso. Per «valore normale», ai sensi dell’articolo 9 dello stesso decreto, deve intendersi il prezzo mediamente praticato per beni e servizi similari, in condizioni di libera concorrenza, nel tempo e nel luogo in cui tali beni o servizi sono stati acquistati o prestati.
Sul fronte delle imposte dirette, i vantaggi che la legge di Stabilità prevede derivano sia dall’aliquota fortemente ridotta (8 per cento nella generalità dei casi, 10,5 per cento in caso di società non operative, a fronte del 27,5 per cento dell’ Ires o dell’aliquota marginale Irpef) sia dalle modalità di determinazione della base imponibile. Il comma terzo dell’articolo 11 prevede, infatti, la possibilità di determinare il valore normale degli immobili facendo riferimento alle norme dettate dal testo unico dell’imposta di registro - articolo 52, quarto comma, primo periodo del Tur - per la definizione del valore catastale, di solito nettamente inferiore rispetto al valore in comune commercio.
Il comma 5 dell’articolo 11 prevede inoltre che «nei confronti dei soci assegnatari non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 47 del citato testo unico delle imposte sui redditi». Ferma restando la necessità di chiarimenti da parte dell’Amministrazione finanziaria, tale disposizione sembra lasciare spazio alla completa non tassabilità in capo al socio della eventuale differenza positiva tra valore dei beni assegnati e costo fiscale della partecipazione detenuta. In caso di successiva cessione delle azioni o quote, andrà poi considerato il vantaggio che deriva dal maggior costo fiscalmente rilevante della partecipazione detenuta, calcolato sottraendo al valore fiscale che la partecipazione aveva prima dell’operazione, il valore catastale anziché il valore normale ex articolo 9 del Dpr 22 dicembre 1986, n.917.
La disapplicazione dell’articolo 47 del Dpr 22 dicembre 1986, n.917 dovrebbe, infine, comportare l’irrilevanza della presunzione di previa distribuzione delle riserve di utili dettata dal primo comma dello stesso articolo.
Sul fronte delle imposte indirette, l’operazione di retro-conferimento al socio dell’immobile non strumentale rientra nell’ambito applicativo Iva ma è normalmente esente ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n.8-ter del Dpr 26 ottobre 1972, n.633 . Non opera di conseguenza il principio di alternatività Iva / registro, come disposto dall’articolo 40 del Tur. Pertanto, sulla base delle norme ordinariamente applicabili - combinato disposto dell’articolo 2 e delle lettere a) e d) dell’articolo 4 della Tariffa Parte I del Dpr 26 aprile 1986, n.131 - l’operazione di assegnazione dell’immobile non strumentale al socio sarebbe soggetta all’imposta di registro nella misura del 9 per cento.
Usufruendo dell’opportunità offerta dalla legge di Stabilità sarà invece possibile applicare un’aliquota ridotta alla metà, pari quindi al 4,5 per cento.
Tuttavia, nel caso in cui il fabbricato sia stato oggetto di interventi di ristrutturazione (art.3, comma 1, lett. c), d) ed f) del T.U. dell’edilizia) - o la società assegnante sia l’impresa costruttrice dello stesso - nei cinque anni antecedenti la cessione, l’operazione sarà imponibile Iva (nella misura piena del 10 per cento, anche in caso di applicazione delle norme agevolative previste dalla legge di Stabilità) e soggetta all’imposta di registro in misura fissa. In tale caso, quindi, la convenienza dell’operazione sarebbe in parte ridotta, posto cha la legge di Stabilità non prevede agevolazioni ai fini Iva.
I vantaggi sopra delineati sarebbero poi accentuati nel caso in cui l’immobile oggetto di assegnazione fosse configurabile quale “prima casa” ai sensi dell’articolo 1, nota II-bis, della Tariffa Parte I del Dpr 26 aprile 1986, n.131:
-nel caso in cui l’operazione fosse esente ai fini Iva, l’imposta di registro, in applicazione delle disposizioni agevolative, sarebbe pari all’1 per cento;
-nei casi, invece, di operazione imponibile ai fini Iva in seguito, ad esempio, a ristrutturazioni dell’immobile, sarebbe applicabile un’aliquota del 4 per cento (indipendentemente dall’applicazione della norma agevolativa prevista dalla legge di Stabilità).
Si riporta un’ esemplificazione numerica di quanto sopra delineato - ipotizzando un valore catastale dell’immobile pari alla metà del valore normale dello stesso - al fine di offrire una misura del possibile risparmio, assumendo le seguenti condizioni:
-l’immobile oggetto di assegnazione è non strumentale per natura (non è quindi ammortizzabile in seno all’impresa);
-l’immobile non è stato oggetto di ristrutturazioni nei cinque anni antecedenti l’assegnazione;
-l’immobile non è qualificabile come “prima casa” ai fini dell’imposta di registro;
-il socio assegnatario è una persona fisica con una partecipazione qualificata;
-l’assegnazione viene effettuata mediante distribuzione di riserve di capitale.
Ricondurre l’immobile non strumentale per natura alla sfera personale, specialmente alle condizioni sopra descritte, può costituire una scelta fiscalmente molto efficiente anche in ottica futura. Due sono le fattispecie che, in particolare, vengono in mente: da un lato la concessione in locazione dell’immobile a terzi, dall’altro la programmazione di una futura cessione dello stesso.
Soltanto il proprietario persona fisica potrà, infatti, (optare per l’applicazione della cedolare secca sul canone di locazione (con gli indubbi vantaggi che ne conseguono), nonché usufruire dell’esclusione dal campo applicativo Irpef della plusvalenza realizzata in caso di vendita decorsi cinque anni dall’acquisto dell’immobile.
Qualora gli immobili fossero gli unici beni della società, al risparmio sopra ipotizzato si aggiungerebbe anche l’eliminazione dei costi di mantenimento in vita dell’entità giuridica.
Per gli immobili non strumentali per destinazione, invece, la convenienza dell’operazione andrà valutata caso per caso, avendo a mente che, per tali beni, non sarà possibile optare per la cedolare secca neppure in seguito all’estromissione dalla sfera d’impresa. La partita si giocherà, in tali casi, nel trade-off tra ammortamento residuo fiscalmente deducibile in seno all’impresa e risparmio fiscale dell’operazione di assegnazione rispetto alle condizioni ordinarie.