Controlli e liti

Lo stop alla lite per fallimento decorre dalla notifica

Per la Ctp Reggio Emilia 214/02/2020 l’interruzione si verifica dalla conoscenza formale

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di Beatrice Santoro

La dichiarazione di fallimento è una causa di immediata interruzione del processo tributario, che non necessita di uno specifico provvedimento formale del giudice. Tuttavia le parti processuali devono avere l’effettiva conoscenza dell’evento interruttivo e dei relativi effetti nel giudizio in corso. A giungere a queste conclusioni è la sentenza 214/2/2020 della Ctp di Reggio Emilia (presidente e relatore Montanari), depositata il 6 novembre 2020.

La vicenda trae origine dalla notifica da parte dell’agenzia delle Entrate di alcuni avvisi di accertamento a una società per recuperare a tassazione le imposte evase sul maggior reddito accertato. La pretesa fiscale era basata sulla presunzione dell’utilizzo di fatture oggettivamente inesistenti da parte della contribuente, in quanto emesse da imprese prive di qualsiasi struttura idonea a giustificare l’attività svolta.

I provvedimenti venivano impugnati per vizi propri, con conseguente richiesta di annullamento della pretesa fiscale. L’ufficio, con la costituzione in giudizio, chiedeva il rigetto dell’impugnazione.

Nel corso dell’udienza, la difesa della contribuente informava del fallimento e della nomina del curatore, citando gli estremi della sentenza e la data di emissione, alla presenza di tutte le parti processuali.

La Commissione adita, con un’ordinanza emessa in pari data, disponeva il rinvio a nuovo ruolo della trattazione, e incaricava la segreteria per le incombenze legate alla notificazione del provvedimento.

La curatela, pur avendo ricevuto a mezzo Pec la notifica dell’ordinanza, quasi un anno dopo, a sua volta comunicava il fallimento della società, il proprio incarico e richiedeva - ex articolo 43 della legge fallimentare - l’interruzione dei giudizi nei quali, asseritamente, non era parte.

I giudici emiliani, tuttavia, decorso inutilmente il termine, hanno dichiarato estinto il giudizio, per la mancata riassunzione del giudizio.

Innanzitutto, in riferimento alla causa di interruzione del processo determinata dall’apertura del fallimento di una delle parti - così come previsto dall’articolo 43, comma 3, della legge fallimentare - hanno chiarito che opera automaticamente, ipso iure, senza la necessaria attestazione e dichiarazione della stessa da parte del giudice.

Tuttavia, l’effetto immediato è strettamente legato a una cognizione effettiva delle parti del processo, della dichiarazione di apertura del fallimento e, degli effetti prodotti nell’ambito della controversia.

Pertanto, risulta idonea una conoscenza formalmente legale dell’evento, conseguita attraverso atti muniti di fede privilegiata quali dichiarazioni, notificazioni o certificazioni rappresentative, purché supportata da una piena consapevolezza degli effetti nell’ambito di uno specifico processo.

Solamente da questo momento – concludono i giudici di primo grado – decorre il termine per la riassunzione, che nella specie era scaduto. La curatela, infatti, pur essendo stata edotta da una specifica notifica dell’esistenza di altri giudizi introdotti dall’imprenditore fallito e, dell’ordinanza di rinvio a nuovo ruolo della trattazione, non aveva riassunto il giudizio nei termini.

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