Imposte

Marchi e avviamento, rivalutazione del 3% diluita in 50 anni

Intervento in extremis (e retroattivo) per evitare un maxi buco nei conti

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Il governo agisce di forbici sugli incentivi alle aggregazioni aziendali. Per le imprese che nella primavera scorsa si sono affrettate a rivalutare con un’aliquota super-scontata al 3% attività immateriali come marchi e avviamento, la deduzione del maggior valore viene diluita in 50 anni. Non solo. La trasformazione delle Deferred Asset Taxes (Dta) in crediti d’imposta, sempre nel caso di aggregazioni aziendali, guadagna tempo fino al 30 giugno 2022 ma è accompagnata dall’inserimento di un tetto di 500 milioni di euro: in sostanza si dovrà prendere il minor valore tra il nuovo plafond e il 2 per cento. Anche perché la mossa a suo tempo era stata pensata per spianare la strada alla riprivatizzazione di Mps, appena naufragata nel «no» pronunciato da Unicredit.

Con la proroga a fine giugno delle Dta, inoltre, il Governo fissa al prossimo 31 dicembre lo stop del bonus aggregazioni introdotto in piena emergenza dal decreto Rilancio e che consentiva l’affrancamento gratuito fino a 5 milioni di euro sempre in caso di operazioni di aggregazione tra imprese. Ma andiamo con ordine.

Sostitutiva del 3%

Quando lo scorso anno nell’ultimo giro di voti in commissione Bilancio fu inserita la possibilità di rivalutare al 3% attività immateriali, dunque sia beni immateriali sia attività diversi come marchi e avviamento, il costo stimato dal Governo non superava i 14 milioni di euro. In primavera, però, con la corsa di tutte o quasi le imprese al super sconto fiscale, il costo per lo Stato in termini di minori incassi Ires, Irpef e Irap è stata moltiplicata drasticamente, fino a superare gli 80 miliardi. Un buco nero per le entrate erariali che ha obbligato il Governo Draghi a correre ai ripari anche ipotecando per l’ennesima volta lo Statuto del contribuente.

In sostanza la bozza del Ddl di Bilancio portata all’esame del Consiglio dei ministri di ieri prevede all’articolo 160 che la deduzione Ires, Irpef e Irap del maggior valore alle attività immateriali come marchi e avviamento e cui quote di ammortamento sono deducibili in 18 anni e in ogni caso «in misura non superiore, per ciascun anno d’imposta, a un cinquantesimo di detto importo».

A operazioni già concluse, dunque, il vantaggio fiscale dovrà essere spalmato su 50 anni. E per evitare possibili aggiramenti della nuova stretta la misura viene blindata. La spalmatura si applica in ogni caso anche quando, ad esempio, il bene sarà ceduto. Infatti questo regime si trasferisce sull’eventuale minusvalenza del cedente, e sul valore fiscale del bene acquistato dal cessionario fino a concorrenza dell’importo residuo da ammortizzare e per il periodo residuo di ammortamento.

La norma offre però anche una via d’uscita alla diluizione a 50 anni dello sconto fiscale. Viene concessa all’impresa la possibilità di revocare la rivalutazione al 3% e conseguentemente si vedrà restituita la rata della sostitutiva già versata la scorsa estate sotto forma di credito d’imposta o in compensazione. Ulteriore alternativa, ma onerosa, è il ripristino del periodo di ammortamento in diciottesimi a condizione di pagare un’imposta sostitutiva integrativa commisurata a quella prevista dall’articolo 176 del Tuir (12% fino a 5 milioni di maggiori valori, 14% sopra 5 e fino a 10 milioni, 16% sopra i 10 milioni). Aliquote che comunque andranno calcolate al netto del 3% della sostitutiva per la rivalutazione.

Dta

L’utilizzo della leva fiscale per favorire le aggregazioni di imprese, soprattutto quelle del sistema bancario e creditizio, viene prorogata al 30 giugno 2022 ma con un nuovo limite. La norma inserita all’articolo 17 della bozza del Ddl di bilancio prevede infatti che la trasformazione in crediti d’imposta delle Dta avviene per un ammontare non superiore al minore importo tra 500 milioni e il 2% della somma della attività dei soggetti che partecipano alla fusione o alla scissione, senza considerare quello che ha attivi patrimoniali più elevati. Un quarto della trasformazione in crediti dovrà avvenire alla data di efficacia giuridica delle aggregazioni e per i restanti tre quarti al primo giorno dell’esercizio successivo a quello in corso a quella data. Se poi le aggregazioni riguarderanno società capogruppo, si dovranno prendere a riferimento le attività del bilancio consolidato.

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