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Mifid 2 e antiriciclaggio, incrocio sulle verifiche

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di Ranieri Razzante

Non sembri strano l’accostamento, poiché sulla verifica dei profili finanziari della clientela molti tratti sono comuni. L’obiettivo primario della normativa finanziaria europea è quello di rafforzare la tutela degli investitori attraverso l’introduzione di regole più stringenti per le imprese di investimento sulla scelta di prodotti finanziari adeguati alle esigenze e alle caratteristiche dei loro clienti. Così come obiettivo primario delle direttive antiriciclaggioè quello di prevenire il coinvolgimento anche inconsapevole di intermediari finanziari e loro clienti in fatti di riciclaggio. E uno dei canali oggi privilegiati per riciclare denaro sporco è quello degli investimenti sui mercati finanziari, che passano sempre per un intermediario abilitato o per uno dei soggetti della “rete”. Il Dlgs 129/2017 (attuativo della Mifid II) introduce infatti delle modifiche significative al Tuf, soprattutto in tema di product governance (articolo21), nuovi doveri informativi ex- ante ed ex-post, consulenza indipendente e, per quello che qui interessa maggiormente, la valutazione di “adeguatezza”.

Il product governance

In particolare, quanto al product governance, la stessa Mifid I prevedeva che l’impresa di investimento erogante servizi di consulenza o di gestione del portafoglio fosse obbligata ad ottenere tutte le informazioni necessarie a ricostruire le conoscenze ed esperienze del cliente in materia di investimenti e ai suoi obiettivi di investimento. La Mifid II amplia lo spettro degli adempimenti richiesti alle imprese di investimento, in quanto non solo prescrive che nel definire gli strumenti finanziari adeguati al cliente esse facciano esplicito riferimento alla capacità dello stesso di poter fronteggiare eventuali perdite e la sua predisposizione al rischio, ma nel caso venga raccomandata una pluralità di prodotti o servizi, la valutazione di adeguatezza dovrà avvenire in relazione all’intero pacchetto. Vengono aggiunti, poi, altri obblighi di comunicazione alla clientela su costi e oneri connessi ai servizi di investimento o accessori, tra cui dovranno figurare, oltre al costo della consulenza, il costo dello strumento finanziario raccomandato o venduto e le modalità di remunerazione dal cliente del servizio di investimento ricevuto.

Gli obblighi di verifica

Gli adempimenti suddetti dalle vanno a intersecarsi con gli obblighi di adeguata verifica della clientela prescritti dalla normativa antiriciclaggio, ai quali – giova ripeterlo - le imprese di investimento sono sottoposte in quanto rientranti nella lista dei soggetti obbligati. L’adeguata verifica della clientela richiede l’adozione di misure proporzionali al rischio rilevato e la responsabilità, per il soggetto obbligato, di provare l’adeguatezza della valutazione effettuate e delle conseguenti misure adottate. Nel graduare l’entità di tali misure, i soggetti obbligati devono tener conto di alcuni “criteri generali” riguardanti il cliente e l’operazione. Con riferimento al cliente, essi dovranno tener conto, quanto meno, della natura giuridica, della prevalente attività svolta, del comportamento tenuto al momento del compimento dell’operazione e dell’area geografica di residenza. Quanto invece alle operazioni, i soggetti obbligati dovranno tener conto della tipologia, delle modalità di svolgimento, dell’ammontare, di frequenza e volume, della ragionevolezza e dell’area geografica di destinazione. Questi obblighi si attuano tramite l’identificazione del cliente e la verifica della sua identità, l’acquisizione e la valutazione di informazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto ed il controllo costante del rapporto con il cliente. E ne vanno a costituire l’essenza. L’intero bagaglio informativo sopra descritto concorre, può concorrere – non c’è alcuna preclusione legislativa – all’effettuazione della valutazione dell’idoneità e dell’adeguatezza ai sensi della Mifid II. Si richiede infatti alle imprese di investimento, nell’esercizio dell’attività di consulenza, di ottenere le informazioni necessarie in merito alle conoscenze ed esperienze del cliente in materia di investimenti, riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio, alla sua situazione finanziaria.

Ma la valutazione e successiva profilazione delle capacità reddituali e patrimoniali del cliente, oltre che dello scopo delle sue scelte di investimento, integrano indiscutibilmente quel set informativo richiesto dagli articoli 18 e 19 del Dlgs 231/2007, come novellato dal decreto 90/2017, in materia di riciclaggio, oltre che dalla Banca d’Italia nelle sue Istruzioni operative sull’adeguata verifica.

L’intermediario finanziario

E allora il quesito che viene alla mente in modo naturale è il seguente. Un intermediario finanziario il quale, nel corso della profilatura del cliente ai fini Mifid, si avveda di incongruenze e asimmetrie informative, oltre che di comportamenti anomali, potrà assumere questi dati come segnali di operazioni eventualmente sospette di riciclaggio, e inviare alla Uif idonea comunicazione? Indubbiamente affermativa è la risposta, così come le adeguate verifiche si potranno “integrare” per raggiungere le finalità sopra descritte.

Dlgs 3 agosto 2017 n. 129

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