Diritto

Crisi d’impresa, misure protettive per creditori selezionati

Tocca al debitore indicare puntualmente i soggetti interessati

di Giovanni Negri

Nella composizione negoziata, le misure protettive indirizzate non alla genericità dei creditori, ma solo a quelli indicati dall’imprenditore. E poi, il divieto di pronunciare sentenza di fallimento nei confronti del medesimo imprenditore , dal giorno della pubblicazione della domanda alla conclusione delle trattative o dell’archiviazione dell’istanza, rappresenta un effetto di legge indisponibile da parte dell’autorità giudiziaria. Queste le conclusioni del Tribunale di Roma , con ordinanza del 3 febbraio, che fornisce spunti interpretativi sulle misure introdotte con il decreto legge n. 118 del 2021.

L’ordinanza chiarisce innanzitutto che, sulla base dell’articolo 6 comma 4 del decreto legge 118/21, lo stop assoluto alla dichiarazione di fallimento deve essere considerato un effetto di legge che non presuppone ne richiede la conferma a o la modifica della misura da parte del giudice.

Quanto poi alla legittimazione passiva in materia di misure protettive, il parere del giudice monocratico del Tribunale di Roma è che non può essere riconosciuta «in capo alla massa indifferenziata dei creditori che possono astrattamente proporre azioni esecutive nei confronti del debitore e che, tuttavia, non abbiano ancora avviato in relativi procedimenti o minacciato di avviarli con la notifica di un precetto».

Infatti, le parti e il contenuto della fase del procedimento di composizione negoziata della crisi che si svolge davanti al giudice devono essere specificamente individuati dal debitore come elementi essenziali della domanda giudiziale. Per potersi pronunciare su quest’ultima, il giudice deve verificare la funzionalità delle singole misure al buon esito delle trattative , la loro incidenza sui beni strumentali che rendono possibile prosecuzione dell’attività d’impresa in una prospettiva di risanamento, la proporzionalità rispetto al sacrificio chiesto ai creditori.

«In questo senso - sottolinea l’ordinanza -, deve ritenersi inammissibile la richiesta di imporre genericamente a tutti i creditori il divieto di acquisire diritti di prelazione e di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio della società in pendenza della procedura di composizione negoziata della crisi».

In conclusione, i creditori ai quali sono vietate azioni esecutive non sono tutti quelli esistenti, ma solo «quelli indicati dal debitore istante e concretamente limitati dalle misure richieste, il cui contenuto dovrà poi essere esattamente individuato ed eventualmente limitato dal giudice con l’ordinanza di conferma o di modifica sottoposta al suo esame».

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