Controlli e liti

Nel transfer pricing va considerato l’andamento dei consumi dei mercati di sbocco

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di Francesco Avella

La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza 2323 del 25 maggio 2017, valorizza l’andamento dei consumi nel mercato di sbocco della società contribuente e conseguentemente annulla la ripresa del fisco relativa al periodo d’imposta 2009 in materia di transfer pricing, confermando, peraltro, la sentenza di primo grado.
La società contribuente, per quanto è dato desumere dal testo della sentenza, è una società italiana produttrice il cui mercato di sbocco era essenzialmente rappresentato dal mercato americano. Nel 2009 il mercato americano aveva vissuto una considerevole contrazione dei consumi e degli ordinativi, e ciò aveva inciso in modo significativo sul volume d’affari e sui profitti della società contribuente.
Il fisco emanava un avviso di accertamento nel quale sosteneva la propria pretesa impositiva in materia di transfer pricing applicando il metodo TNMM (Transactional Net Margin Method) e confrontando i margini netti della società contribuente con quelli di un campione di società “full fledged manufacturer”. Confrontando, in particolare, l’indice ROS (Return On Sales) delle varie società.

Già i giudici di primo grado evidenziavano un limite essenziale dell’analisi del fisco: l’ufficio impositore non aveva tenuto conto del fatto che nella documentazione ufficiale della società contribuente (bilanci e note integrative) era esplicitato che il 2009 aveva presentato aspetti peculiari per una considerevole diminuzione di ordinativi dall’America a fronte di costi rimasti inalterati. In tal senso, l’analisi TNMM mostrava differenze di marginalità netta che non necessariamente sono indice di una politica di prezzi di trasferimento, ma indicano talvolta criticità da affrontare quanto ai costi di produzione.
E la tipica criticità che affrontano i soggetti full fledged sul fronte dei costi, è proprio la scarsa flessibilità rispetto alle contrazioni della domanda: gli alti costi indiretti tipicamente sostenuti dai soggetti full fledged, infatti, non sono riducibili in breve tempo e pertanto, in periodi di contrazione della domanda, il loro livello di assorbimento si riduce drasticamente dando luogo ad una delle principali criticità del metodo TNMM, riconosciuta come tale anche nelle Guidelines OCSE. Al paragrafo 2.70 si sottolinea infatti che «il metodo basato sul margine netto della transazione può essere più sensibile dei metodi del costo maggiorato o del prezzo di rivendita alle differenze di utilizzazione degli impianti; infatti, le differenze tra i livelli di assorbimento dei costi fissi indiretti (per esempio, i costi di produzione fissi o i costi di distribuzione fissi) verrebbero a incidere sugli indicatori di utile netto ma potrebbero non incidere sul margine lordo o sul ricarico lordo sui costi se non si traducono in differenze di prezzi».
Nel caso di specie, ciò determinava l’inadeguatezza del metodo TNMM, che non avrebbe dovuto fondare le riprese del fisco, vista l’eccezionalità della situazione del 2009.
La Ctr della Lombardia conferma, infatti, la sentenza di primo grado, valorizzando soprattutto il fatto che l’ufficio impositore non abbia preso in considerazione “come il mercato di riferimento della L. Srl fosse quasi esclusivamente quello Usa., i cui consumi 2009 registrarono una inaspettata e fortissima crisi – successivamente divenuta mondiale – con riduzione del 30% dei volumi di vendita, senza alcuna correlata riduzione dei costi».
La pronuncia in questione mostra che l’utilizzo del metodo TNMM ai fini delle verifiche transfer pricing non può essere indiscriminato e che, ad esempio, le vicissitudini del mercato di sbocco devono essere prese in considerazione per giungere a scartarlo in particolari circostanze, in favore di altre metodologie meno sensibili all’incidenza dei costi indiretti.

Ctr Lombardia, sentenza 2323 del 25 maggio 2017

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