Il CommentoDiritto

Nella confisca non è opponibile la clausola compromissoria

di Andrea Palazzolo

La Cassazione (ordinanza 4 marzo 2021 n. 6068), ha ritenuto che la clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società sottoposta a confisca non sia opponibile allo Stato, divenuto socio per tale ragione. La deroga alla competenza dell’autorità giurisdizionale può infatti operare solo a seguito di una scelta volontaria, mentre con la confisca le quote sono detenute per finalità di interesse pubblico.

La decisione muove dal rilievo per cui l’assunzione della partecipazione da parte dello Stato sottende l’esigenza di perseguire finalità differenti rispetto a quelle che animano il privato. Manca sia il consenso circa l’intenzione di partecipare alla compagine sociale, giacché lo Stato è «socio forzato», nonché anche una comunione di scopo – caratteristica imprescindibile nelle entità societarie, alle quali si partecipa al fine di svolgere in comune attività di impresa.

Lo Stato amministra la partecipazione sottoposta alla misura non già quale imprenditore, «ma solo ed unicamente al fine di evitare la disgregazione del patrimonio aziendale, per il tempo necessario a che si realizzi una delle destinazioni prefissate dal legislatore».

Tali conclusioni collocano la società soggetta a misure di prevenzione in una dimensione nella quale l’intento lucrativo cede il passo all’esigenza di perseguire finalità sociali.

Non si verifica, tuttavia, un mutamento dell’oggetto sociale, né è prevista l’applicazione di una disciplina diversa, stante anche l’espresso richiamo da parte del Codice antimafia alla disciplina civilistica.

Pertanto, a meno di considerare che l’intervento di una misura di prevenzione conduca ad una sorta di “trasformazione” della società in ente non avente scopo di lucro, occorre trovare un criterio di coesistenza tra la causa societaria e l’interesse pubblico. Criterio che non può consistere in una disapplicazione pedissequa dell’intera disciplina statutaria, ma deve essere condotta guardando all’interesse tutelato dalla singola previsione normativa e statutaria ed al suo conflitto con principi inderogabili posti a tutela dell’interesse pubblico sotteso alla partecipazione dello Stato.

Nel caso di specie, non sembra che l’esistenza di una clausola compromissoria statutaria costituisca un vulnus all’interesse pubblico, considerando come essa possa essere prevista sia negli statuti di società in mano pubblica che nella regolamentazione contrattuale degli appalti.