Contabilità

Nella scissione illegittima risarcito il socio danneggiato

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di Angelo Busani

Dopo l'iscrizione dell'atto di scissione nel Registro delle imprese, gli effetti dell'operazione non possono più essere messi in discussione (articoli 2506-ter e 2504, Codice civile); di conseguenza, se la scissione, illegittimamente effettuata, abbia provocato un danno a uno dei soci della società scissa, questi ha diritto al risarcimento. È quanto sancito dal Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di imprese, nella sentenza 3462 del 12 marzo 2014.
Nel caso esaminato si trattava di una scissione "non proporzionale", vale a dire una operazione di scissione per effetto della quale i soci della società scissa non vanno a partecipare proporzionalmente (e cioè nella stessa misura in cui partecipano al capitale della scissa) al capitale delle società beneficiarie: semplificando, la società scissa (Alfa Spa) aveva due soci (Tizio e Caio), con capitale sociale ripartito al 50% ciascuno; l'operazione prevedeva la dissoluzione della società scissa e la contemporanea formazione di due nuove società beneficiarie a unico socio (Beta Spa con unico socio Tizio e Delta Spa con socio unico Caio), ciascuna dotata di un patrimonio di valore pari alla metà del patrimonio appartenuto ad Alfa.
Come è prassi, nell'atto di scissione venne stabilita l'eventualità di un conguaglio nel caso di «variazioni delle componenti patrimoniali da trasferire, dovute alle normale dinamiche aziendali» che si fossero determinate tra la data della situazione patrimoniale di supporto del progetto di scissione e la data di efficacia della scissione stessa.
Perciò, all'indomani dell'intervenuta scissione, venne avviata l'attività necessaria per determinare l'effettiva situazione patrimoniale della società scissa, onde determinare questi eventuali conguagli. Tali operazioni dunque terminarono «solo dopo alcuni mesi di confronti e trattative» mediante la sottoscrizione di un «atto di transazione», le cui risultanze sono state alfine contestate da uno dei contraenti.
Secondo il Tribunale di Milano, da un'interpretazione secondo buona fede e correttezza dell'accordo intervenuto, esso dovrebbe intendersi non finalizzato a comporre una lite, quanto come negozio volto semplicemente a dare assetto definitivo agli aspetti della scissione che avrebbero dovuto essere regolati in sede di conguaglio: e pertanto, un accordo valevole quale ricognizione definitiva del conguaglio dovuto, il quale non avrebbe impedito di far valere, al contraente che lo dimostrasse, il danno derivante dall'inesatta esecuzione della scissione in termini di non equivalenza dei patrimoni netti attribuiti alle due newco.
Cosicché, se è vero che gli effetti della scissione, dopo l'iscrizione al Registro imprese, diventano definitivi, per cui l'operazione non può più essere né contestata né revocata, qualora tuttavia sussistano interessi lesi dall'illegittimità dell'operazione essi sono tutelabili sotto il profilo risarcitorio. In particolare, nella scissione non proporzionale, la «non proporzionalità» non può alterare quello che è un principio fondamentale dell'intero procedimento di scissione, ovvero la neutralità, sotto il profilo economico, dello scambio di partecipazioni in capo ai soci della scissa: a seguito della scissione non proporzionale, i soci della scissa ricevono bensì partecipazioni nelle società beneficiarie in misura diversa tra di loro, ma tutti debbono avere partecipazioni complessivamente equivalenti dal punto di vista economico.

La sentenza n. 3472/2014 del Tribunale di Milano

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