Controlli e liti

Niente revoca per l’agevolazione prima casa se la vendita consegue a un accordo di divorzio

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di Stefano Mazzocchi

L’ ordinanza 7966/2019 della Cassazione è tornata ad occuparsi della disciplina relativa alle agevolazioni “prima casa”, con particolare riferimento alla fattispecie rappresentata dalla vendita a terzi di un immobile - acquistato in comunione dai coniugi - prima del decorso del termine dei cinque anni dall’acquisto, avendo usufruito dell’agevolazione “prima casa”.

Per i giudici di legittimità, l’operazione in esame non comporta la revoca dell’agevolazione se è stata effettuata in attuazione degli accordi raggiunti in sede di separazione o di divorzio.
La pronuncia in commento è approdata a tale conclusione sulla base della dell’articolo 19, legge 6 marzo 1987, n. 74, la cui “ratio” è quella di agevolare la sistemazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi a seguito di separazione o divorzio, «escludendo che derivino ripercussioni fiscali sfavorevoli dagli accordi intervenuti in tale sede» (Cassazione 29 marzo 2017, n. 8104; in senso analogo Cassazione 28 giugno 2016, n. 13340).
Il richiamato articolo 19, infatti, dispone in via generale l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa degli atti stipulati in conseguenza del procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio e – per effetto della sentenza 154/1999 della Corte Costituzionale – anche del procedimento di separazione personale tra coniugi, «senza alcuna distinzione – sottolinea la Cassazione – tra atti eseguiti all’interno della famiglia e atti eseguiti nei confronti di terzi».
Al riguardo, si consideri che secondo un consolidato orientamento assunto dalla giurisprudenza di legittimità, l’agevolazione di cui al citato articolo 19 della legge 74/1987, nel testo conseguente alla declaratoria di incostituzionalità (ad opera della richiamata sentenza della Consulta 154/1999), spetta per gli atti esecutivi relativamente agli accordi intervenuti tra i coniugi per effetto di separazione personale o scioglimento del matrimonio, «atteso il carattere di ’negoziazione globale’ attribuito alla liquidazione del rapporto coniugale per il tramite di contratti tipici in funzione di definizione non contenziosa (...)» (in tal senso si espresse, ad esempio, Cassazione 3 febbraio 2016, n. 2111).
In applicazione di tale principio, si ritiene che, ai fini delle agevolazioni “prima casa”, il trasferimento dell’immobile prima del decorso del termine di cinque anni dall’acquisto, se effettuato a favore del coniuge in virtù di una modifica delle condizioni di separazione, pur non essendo riconducibile alla forza maggiore non comporta la decadenza dai benefici fiscali.
Per gli Ermellini, quindi, recuperare l’imposta in conseguenza della inapplicabilità dell’agevolazione fiscale sulla prima casa da parte dell’Erario significherebbe sostanzialmente imporre una nuova imposta su un trasferimento immobiliare avvenuto in esecuzione dell’accordo tra i coniugi e, pertanto, «andare palesemente in senso contrario» alla descritta ratio della norma.
L’atto stipulato dai coniugi in sede di separazione o divorzio e comportante la vendita a terzi di un immobile in comproprietà e la successiva divisione del ricavato, pur non facendo parte delle condizioni essenziali di separazione rientra sicuramente nella negoziazione globale dei rapporti tra i coniugi, e pertanto – ha concluso la Corte - è meritevole di tutela, risiedendo la propria causa nello «spirito di sistemazione, in occasione dell’evento di separazione consensuale, dei rapporti patrimoniali dei coniugi sia pure maturati nel corso della convivenza matrimoniale” (così Cassazione 19 agosto 2015, n. 16909).
Le considerazioni che precedono appaiono peraltro in contrasto da un lato con quanto affermato dall’agenzia delle Entrate con la circolare 21 giugno 2012, n. 27/E, e dall’altro con le pronunce 17 gennaio 2014, n. 860 e 3 febbraio 2014, n. 2263 della medesima Suprema Corte: orientamento che l’ordinanza in commento ritiene “ormai superato”. Per completezza, si ricorda che con la richiamata pronuncia n. 860/2014, fu affermato che «l’agevolazione di cui all’articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, per gli atti esecutivi degli accordi intervenuti tra i coniugi, sotto il controllo del giudice, per regolare i loro rapporti patrimoniali conseguenti allo scioglimento del matrimonio o alla separazione personale (…), spetta solo se i soggetti che li pongano in essere siano gli stessi coniugi che hanno concluso i suddetti accordi, e non anche terzi».

Cassazione, sezione tributaria civile, ordinanza 7966 del 21 marzo 2019

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