Finanza

No al «recapture» per fusioni, scissioni e cessioni d’azienda

L’obbligo di rimborso non si verifica se il bene non viene estromesso

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di Andrea Cioccarelli e Giorgio Gavelli

La “trappola” del recapture del beneficio in caso di trasferimento del bene non scatta quando tale trasferimento avviene nell’ambito dell’azienda. In proposito risultano utili i chiarimenti forniti dall’agenzia delle Entrate nel corso di Telefisco 2019 e trasfusi nella circolare 8/E/2019. In tale sede l’Agenzia ha affermato che il recupero del beneficio non avviene nell’ipotesi di trasferimento del bene agevolato all’interno di un compendio aziendale oggetto di un’operazione straordinaria, indipendentemente dal fatto che questa sia fiscalmente neutrale o realizzativa.
Dovrebbe, quindi, originarsi il recupero dell’agevolazione in caso di cessione, permuta, conferimento del singolo bene, assegnazione del bene ai soci, datio in solutum; mentre non dovrebbero originare problemi le ipotesi di trasformazione, fusione, scissione, conferimento o cessione dell’azienda (o del ramo) comprendente il bene agevolato.
In questi ultimi casi, infatti, la fruizione dell’iperammortamento secondo l’Agenzia «continuerà, in capo all’avente causa, secondo le regole, i costi e la dinamica temporale originariamente determinati in capo al dante causa, indipendentemente dal sopravvenuto cambiamento di proprietà del complesso aziendale». Il che vuol dire che l’avente causa, indipendentemente dalle scelte effettuate sui valori civilistici di acquisizione, e dall’ammortamento ordinario fiscale, proseguirà nell’iperammortamento già impostato ed iniziato dal dante causa.
Poiché l’articolo 7, comma 2, del Dl 87/2018 parla di “cessione a titolo oneroso”, si pongono dei dubbi in caso di operazione che non abbia queste caratteristiche, come per esempio a seguito di una donazione o di un autoconsumo (per l’impresa individuale). Tuttavia, poiché il meccanismo del recapture è studiato per le situazioni in cui «si distoglie il cespite dalla originaria funzione ad esso attribuita dalla norma agevolativa nel contesto aziendale e si vanifica, di fatto, la finalità dell’incentivo» (circolare n. 8/E citata), eviteremmo interpretazioni azzardate. In continuità tra dante causa ed avente causa si dovrebbero invece gestire le situazioni di successioni e donazione di azienda.
Più complesso è il caso dell’affitto d’azienda. In questo caso i concetti sopra visti vanno coordinati con quanto affermato dalla circolare 4/E/2017, in cui l’Agenzia affermò che «nell’ipotesi di investimenti agevolabili concernenti aziende condotte in affitto o in usufrutto, il super ammortamento, ove non sia stata prevista la deroga convenzionale alle disposizioni dell’articolo 2561 del Codice civile concernenti l’obbligo di conservazione dell’efficienza dei beni, spetterà solo all’affittuario o usufruttuario»; altrimenti (deroga convenzionale) la maggiorazione spetta solo al concedente. Ci pare che la frase sia rivolta a situazioni di affitto/usufrutto già in essere al momento dell’investimento, mentre nella diversa ipotesi della concessione del godimento di una azienda (o ramo) già comprendente il bene agevolato, riteniamo si possano applicare le regole sopra vista per le operazioni straordinarie, salvo che il concedente non mantenga presso di sé gli ammortamenti. Il punto, tuttavia, andrebbe chiarito ufficialmente.

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