Non paga l’Irap il revisore ricco e senza dipendenti
Al fine di verificare l’eventuale sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione ai fini Irap, il giudice di merito è tenuto non solo a valutare l’entità dei costi sostenuti dal professionista per lo svolgimento della propria attività, ma anche ad esaminarne la natura, per appurare se essi si riferiscano al mantenimento di una struttura organizzata ed autonoma. È questo il principio stabilito dalla Cassazione nell’ordinanza n. 6439.
La vicenda trae origine dal silenzio rifiuto dell’ufficio delle Entrate sull’istanza di rimborso che un revisore legale aveva presentato per l’Irap versata negli anni dal 2007 al 2009. Mentre il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso del professionista non ravvisando, in questo caso, la sussistenza del requisito di autonoma organizzazione giacché, negli anni di imposta 2007 – 2009, esercitava la propria attività presso una nota società di revisione, la Ctr di Milano ribaltava la sentenza, motivando la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’Irap solo sulla base della rilevante entità dei compensi percepiti.
Impugnata la sentenza di secondo grado dinanzi alla Corte di cassazione, il revisore lamentava, peraltro, la violazione, da parte della Ctr, dell’articolo 2 del Dlgs 446/97 per non aver valutato la natura dei costi sostenuti e, soprattutto, per aver ritenuto il suo inserimento in una società organizzata di revisione come elemento comprovante la soggettività passiva ai fini dell’Irap.
Nel ritenere fondata la doglianza del professionista, la Corte ha precisato che il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini Irap ricorre quando il contribuente sia il responsabile dell’organizzazione e impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per lo svolgimento dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga, in modo non occasionale, del lavoro di terzi.
A tal fine, dunque, è necessario che il giudice di merito esamini la natura dei costi sostenuti dal contribuente per appurare se lo stesso abbia avuto alle proprie dipendenze collaboratori con mansioni diverse da quelle di mera segreteria.
Pertanto, secondo i giudici di legittimità, poiché dall’analisi dei costi prodotti dal revisore emerge che, negli anni 2007 – 2009, lo stesso non ha avuto alle dipendenze alcun collaboratore né tantomeno un’autonoma organizzazione, avendo prestato la propria attività professionale presso una nota società di revisione contabile soggetta alla responsabilità di terzi soggetti, la sentenza della Ctr va cassata.
L’ordinanza n.6439/18 della Cassazione