Non sfuggono all’Imu i fabbricati rurali in corso di costruzione
Può un terreno agricolo, su cui è in corso la costruzione di un fabbricato rurale, trasformarsi in un’area edificabile, anche se solo temporaneamente? A questa domanda si sarebbe portati a rispondere (guidati dal buon senso) in modo decisamente negativo. Eppure è proprio quello che sta succedendo, per effetto di vari accertamenti operati dai Comuni, che hanno trovato recentemente accoglimento anche dalla Cassazione. Ricordiamo che, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera b), del Dlgs 504/1992, per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità. Ciò nonostante, secondo la Cassazione (ordinanza 29192/2017 del 6 dicembre scorso) un terreno agricolo, per il quale è stata rilasciata dal Comune una concessione edilizia per la costruzione di un fabbricato rurale (nella fattispecie da adibire alla conservazione e lavorazione dei prodotti agricoli), nel periodo di esecuzione dei lavori si “trasforma” in area edificabile, essendo stato distolto dall’esercizio delle attività previste dall’articolo 2135 del Codice civile. Conseguentemente, nel caso di specie si doveva versare l’Ici (oggi l’Imu e la Tasi) sul valore dell’area fabbricabile “indipendentemente che sia tale o meno in base agli strumenti urbanistici, venendo meno la ragione agevolativa della natura agricola, connessa ai rischi di tale attività”. Desta notevole sorpresa questa conclusione della Corte di Cassazione che, anche se richiama alcuni precedenti (cfr. pronunce 27096/2016 e 10082/2014, quest’ultima, tuttavia, non riguarda un fabbricato rurale) appare decisamente in contrasto con le norme vigenti (e, ci pare, anche col buon senso). La Corte, sovvertendo l’esito del giudizio favorevole al contribuente tanto in primo quanto in secondo grado, sostiene che i lavori di costruzione o di recupero edilizio distoglierebbero il suolo dalla sua natura agricola, facendolo divenire area edificabile. Citando la risoluzione 209/E/1997, la Cassazione parla di “finzione giuridica”, in base alla quale, ai sensi del comma 6 dell’articolo 5 del Dlgs 504/92, durante i lavori di utilizzazione edificatoria (per costruzione; per demolizione e ricostruzione; per esecuzione di lavori di recupero edilizio), il suolo interessato deve, comunque, essere considerato area fabbricabile, indipendentemente dal fatto che sia tale o meno in base agli strumenti urbanistici. Si arriverebbe, quindi, al paradosso che l’area in questione, posseduta e condotta da coltivatore diretto o Iap, non verserebbe alcun tributo sino al rilascio della concessione edilizia, per poi pagare Imu e Tasi piena sul valore dell’area edificabile durante i lavori di costruzione, ed infine (a costruzione terminata) versare la sola Tasi ridotta se istituita per le costruzioni rurali.
A nostro avviso, non vi è nessuna disposizione che sostiene che un terreno agricolo su cui si sta costruendo (o ristrutturando) un fabbricato rurale divenga “magicamente” un’area edificabile, per quanto anche le aree agricole abbiano un limitato indice di edificabilità legato alle attività che in esse sono realizzate. Ai fini Iva (articolo 2, del Dpr 633/72), non costituisce utilizzazione edificatoria la costruzione delle opere di cui all’articolo 9, lettera A della legge 10/1977, che sono appunto le costruzioni rurali.
L’unica “finzione giuridica” prevista dal legislatore va in senso opposto, ossia (in base all’articolo 2 del Dlgs 504/92) considera “non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai soggetti indicati nel comma 1 dell’articolo 9, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali”. Ma qui, questa disposizione non c’entra nulla perché l’area è e rimane agricola anche dopo la concessione edilizia rilasciata dal Comune.
Occorre, sul punto, ricordare quanto previsto espressamente dall’articolo 36, comma 2, del Dl 223/2006, norma che, riferendosi esplicitamente anche al Dlgs n. 504/1992 (e quindi alla disciplina Ici poi Imu) ha stabilito che «un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo». E la costruzione di un fabbricato rurale su area agricola non ha nulla a che vedere con un’area edificabile. L’urbanistica è molto severa al riguardo nel senso che l’utilizzo edificatorio di una area agricola, ad eccezione delle costruzioni rurali, rappresenta un abuso edilizio. Si giungerebbe all’assurdo che in presenza di sistemazione di una casa colonica, l’area sottostante da agricola si trasforma in edificabile e, questa conclusione, pare proprio un’assurdità.
Cassazione, ordinanza 29192/2017