Controlli e liti

Operazioni inesistenti, la lite sulle sanzioni si chiude con il 40%

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di Luigi Lovecchio

La sanzione per l’esposizione di costi per fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, dal 25% al 50%, non può considerarsi sanzione collegata al tributo. La stessa non può neppure rientrare nella sanatoria delle irregolarità formali. Ne consegue che la definizione della lite avente ad oggetto tale violazione richiede, di regola, il pagamento del 40% dell’ammontare irrogato. La precisazione è contenuta nella risposta n. 113 dell’agenzia delle Entrate a una istanza di interpello.

Il contribuente interessato era stato raggiunto da una contestazione per utilizzo, tra i costi di esercizio, di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti a fronte delle quali erano state emesse fatture per operazioni inesistenti. Al riguardo, l’articolo 8 del Dl 16/2012, prevede che i ricavi non debbano essere assoggettati a tassazione fino a concorrenza dei costi fittizi (e pertanto indeducibili) ad essi corrispondenti, trattandosi di cessioni e prestazioni mai posti in essere. È altresì disposta l’irrogazione di una sanzione variabile dal 25% al 50% dell’ammontare dei costi fittizi esposti in dichiarazione.

Il contribuente ha proposto ricorso avverso l’accertamento dell’Ufficio, tuttora pendente davanti alla Ctp. È stato pertanto richiesto se la controversia afferente alla sanzione possa ritenersi collegata al tributo, ai sensi dell’articolo 6, c.omma3, Dl 119/2018. Se così fosse, la definizione si otterrebbe senza versare nulla, atteso che il rapporto afferente al tributo risulterebbe chiuso. In caso contrario, occorrerebbe versare il 40% della sanzione irrogata.

Le Entrate hanno confermato che la sanzione non può considerarsi collegata al tributo poichè la relativa procedura comminatoria non si accompagna al recupero dell’imposta evasa. Ne consegue che la vicenda in oggetto richiede il pagamento del 40% dell’ammontare in contestazione.

Aggiunge il documento di prassi, in continuità con il provvedimento del condono delle violazioni formali e con la circolare 7/2019, che la sanzione non può neppure essere definita con la sanatoria di cui all’articolo 9 del Dl 119/2018. Tanto in ragione della gravità del comportamento antigiuridico da essa punito nonché del fatto che la medesima «non arreca esclusivamente pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo». Quest’ultima osservazione, seppure comprensibile sotto il profilo “morale”, non appare tuttavia giustificata dal lato normativo. E invero se una violazione non è considerata collegata al tributo, e questa in effetti non lo è, non può che qualificarsi come formale, non esistendo un tertium genus.

Con la risposta a interpello n. 111, inoltre, le Entrate tornano sulla definizione delle liti pendenti, affrontando un caso identico a quello della risposta n. 110 (si veda il Sole 24 Ore di ieri). Vi era dunque una doppia conforme favorevole al contribuente e una sentenza di Cassazione con rinvio depositata dopo il 24 ottobre 2018. L’Agenzia rileva che in questo caso la definizione si ottiene con il pagamento del 15%, poiché l’ultima sentenza depositata era la Ctr favorevole al contribuente. Qui vi sarebbe altresì da precisare che se al 19 dicembre scorso risultava pendente il ricorso per Cassazione delle Entrate, allora sarebbe sufficiente il pagamento del 5% del tributo.

Gli approfondimenti

L’iter procedurale e le regole per la definizione agevolata delle liti pendenti e in Cassazione (clicca qui per consultarlo)
a cura di Laura Ambrosi
Tratto da Condono24 (www.condono24.com)

Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 113/2019

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