Contabilità

Operazioni di lease-back senza rilevanza ai fini Iva

Fissato il principio di diritto della inesistenza di una cessione di beni imponibile. Si apre il contenzioso: l'Iva addebitata alla società di leasing diventa indetraibile

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di Raffaele Rizzardi

L’imposta sul valore aggiunto deve rispettare le regole sovraordinate delle direttive, così come interpretate dalla Corte di giustizia Ue, con l’adeguamento nella normativa e nella giurisprudenza nazionale.

Quando una pronuncia è dirompente rispetto alla prassi applicativa di molti anni precedenti, si creano problemi insolubili e costosissimi, a meno di una auspicabile disposizione normativa che faccia salvi i comportamenti pregressi, improvvisamente divenuti illeciti.

Queste riflessioni vengono in evidenza dopo aver letto la sentenza del 27 aprile scorso, pronunciata dalla Corte di cassazione nella causa n. 11023 sul regime Iva del lease-back.

Ricordiamo che per mezzo secolo il leasing è stato un contratto atipico, sino all’articolo 1, comma 136, della legge 4 agosto 2017 n. 124, che lo ha disciplinato secondo le regole riconosciute internazionalmente: la locazione finanziaria è un contratto trilaterale, in cui l’utilizzatore (1) fa acquistare o costruire alla società finanziaria (2) un bene ceduto dal fornitore (3).

È tuttora atipico il lease-back, in quanto intervengono solo due soggetti: il proprietario del bene (1) che lo “vende” al finanziatore (2), che lo concede in leasing al soggetto (1).

La qualificazione giuridica e fiscale del lease-back è stata a lungo controversa, in quanto i punti deboli di questa operazione sono due: la causa esclusivamente finanziaria dell’operazione e il rischio di nullità per violazione del patto commissorio (articolo 2744 del Codice civile), specie quando il corrispettivo è significativamente inferiore al valore normale (Cassazione, sentenza 9 marzo 2011, n. 5583).

La pronuncia europea cui si riferisce la Cassazione è del 27 marzo 2019, nella causa C-201/18, oggetto di rinvio da parte di un giudice belga (ma i principi della Corte sono applicabili indipendentemente dal singolo Paese), relativo ad una lite sulla rettifica della detrazione per effetto di una operazione di lease-back immobiliare.

Al punto 34 della sentenza la Corte, richiamando una precedente pronuncia, precisa che la nozione di «cessione di beni» si riferisce non al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì a qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario. Così dice la norma sovraordinata, sin dall’articolo 5 della seconda direttiva, alla cui origine è il nostro Dpr 633, nel cui articolo 2 si è invece privilegiata la nozione di «trasferimento della proprietà».

Il tema della irrilevanza del passaggio di proprietà nel lease-back è stato sollevato nella recentissima sentenza della Cassazione in relazione alla lite relativa ad una operazione per un natante privo dei requisiti per la non imponibilità. Con la nozione di «cessione» e di «locazione» la pretesa erariale era per l’applicazione del tributo alla cessione verso l’operatore finanziario e ai canoni di leasing.

La Cassazione, richiamando più volte la sentenza europea sopra citata, fissa il principio di diritto relativo alla inesistenza di una «cessione di beni» imponibile per la vendita in seno a sale and lease back.

Questa sentenza apre un enorme contenzioso: l’Iva addebitata alla società di leasing diventa indetraibile, così come quella detratta sulle fatture dei canoni, che avrebbero dovuto essere esenti e con un corrispettivo riferibile alla sola componente finanziaria.

Rilevano anche le conseguenze per l’imposta di registro: è infatti fuori campo Iva sia la cessione iniziale alla società di leasing che la retrocessione al momento del riscatto.

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