Operazioni sospette, maggiore attenzione per l’attività degli studi
«Il tentativo del professionista di dissuadere il cliente dal porre in atto una attività illegale non costituisce violazione del divieto di comunicazione previsto dal presente articolo». È quanto prevede il nuovo articolo 39, comma 6, del decreto antiriciclaggio dopo le modifiche apportate dal Dlgs 90/2017 .
La segnalazione di operazione sospetta di riciclaggio o finanziamento del terrorismo (Sos) gode della massima protezione dal Dlgs 231/2007. Come è naturale, quando si avvia il percorso delineato dall’articolo 35 del decreto, ossia l’inoltro alla Uif (per i professionisti, se credono, tramite gli ordini locali) di una Sos, esso è blindato da una riservatezza di chiunque vi partecipa (per uno studio professionale, il professionista stesso o collaboratore a qualsiasi titolo), consistente sia nella copertura del nominativo del segnalante a vari livelli, sia del nominativo del soggetto segnalato.
Ciò si spiega con l’evidente finalità della Sos, che è quella di prevenire il coinvolgimento del professionista che tratta con un cliente in eventuali addebiti penali a costui, oltre che alla sottoposizione dello studio intero (in solido) alle sanzioni previste sia dal decreto 231/2007 che dal decreto 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (se lo studio è in forma societaria). Va ricordato che, in caso di violazione di tale obbligo, scatta (per la legge antiriciclaggio) la sanzione penale dell’arresto da sei mesi ad un anno e l’ammenda da 5mila a 30mila euro, così come previsto dal comma 4 dell’articolo 55 del decreto.
L’innovazione legislativa, che risolve l’annoso problema della divulgazione (o meglio, della circolazione dell’informazione dell’avvenuta Sos) del contenuto della segnalazione, consiste proprio nel fatto che il divieto di comunicare a terzi non interessati alla medesima (e quindi, in una attività professionale, oltre al cliente, anche ai suoi parenti e conoscenti, collaboratori degli studi, professionisti esterni collegati, eccetera), non è più sanzionate se avviene nei termini appena ricordati e nel rispetto delle richiamate norme sulla privacy.
Ciò – va specificato – soprattutto (anzi, unicamente) nel caso in cui il professionista obbligato dalla legge (notaio, avvocato, commercialista, revisore, consulente del lavoro) consigli, in sede di prima richiesta, al suo cliente, di non porre in essere un’operazione «illegale» (quindi il sospetto è divenuto certezza). Qualora lo dissuada dall’andare oltre, dicendogli che l’operazione potrebbe essere da lui stesso o da altri (dello studio, di altro studio professionale anche estero, dell’intermediario finanziario interessato, di altra struttura obbligata alle Sos ove l’operazione possa transitare) segnalata alla Uif, non avrebbe rivelato alcunché, secondo il nuovo articolo 39, e quindi cadrebbe la punibilità prevista dall’articolo 55 sopra ricordato.
Tutto ciò trova altresì ulteriore motivazione nel fatto che il nuovo decreto antiriciclaggio ha stabilito che l’adeguata verifica per i liberi professionisti scatta solo al conferimento dell’incarico, per cui se l’illegalità della prestazione richiesta e compiuta nascesse dopo, ovviamente – fermo l’obbligo di segnalazione da parte del professionista stesso (laddove non “complice” , e quindi concorrente nel reato al 648-bis del Codice penale) – il divieto di comunicazione sarebbe di inutile, oltre che di impossibile, applicazione.