Imposte

Opere d’arte con fiscalità variabile tra mercanti, collezionisti e occasionali

Le operazioni, senza specifica disciplina nel Tuir, sono spesso oggetto di contenzioso. Alle differenti tipologie di venditore corrispondono categorie reddituali dive

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di Andrea Gaeta e Luigi Lovecchio

Il trattamento fiscale della cessione di opere d’arte non trova specifica disciplina nel Tuir ed è oggetto di un ampio contenzioso, che si incentra sull’eventuale rilevanza impositiva delle cessioni e sull’individuazione della più appropriata categoria di reddito.
È necessario fare una distinzione preliminare tra chi svolge in modo professionale l’intermediazione nella circolazione di opere d’arte (il mercante d’arte: si pensi ai galleristi) e chi coltiva la passione per l’arte collezionando – e talvolta scambiando – alcune opere (il collezionista), senza tralasciare la figura “intermedia” dello speculatore occasionale. A queste tipologie corrispondono diverse categorie reddituali.

Il mercante d’arte

In base all’articolo 55 del Tuir, sono produttive di reddito d’impresa le attività indicate nell’articolo 2195 del Codice civile (tra cui l’intermediazione dei beni), se esercitate in modo professionale e abituale, ancorché non esclusivo, e anche se non organizzate in forma d’impresa.

Si può quindi affermare che produce reddito d’impresa l’intermediazione di opere d’arte esercitata in modo professionale e non occasionale, indipendentemente dall’esistenza di un’organizzazione (necessaria solo per le attività diverse da quelle di cui all’articolo 2195 del Codice, sicché non appare corretto escludere l’attività imprenditoriale in quanto non è “organizzata”, come si legge ad esempio nella Ctr Toscana 826/31/2016). Ciò può verificarsi, per consolidata giurisprudenza (si veda, ad esempio, la Cassazione 15931/2021 in materia di costruzione di unità abitative), anche in occasione della conclusione di un unico affare, qualora esso presenti una notevole rilevanza economica e, soprattutto, implichi il compimento di più atti prodromici.

Il collezionista

A differenza del mercante d’arte, il collezionista acquista le opere per soddisfare il proprio personale bisogno di appagamento estetico, e non per finalità di lucro.Non tutto ciò che non è ricompreso nell’attività d’impresa costituisce – per la mancanza di abitualità – reddito diverso, dato che l’articolo 67, lettera i), del Tuir richiede pur sempre che sia posta in essere un’attività. Potrebbe trattarsi di un’attività di “valorizzazione” dell’opera, come la pubblicizzazione su cataloghi, o l’esposizione in mostre.

Se non c’è nemmeno questa minima attività, le cessioni del collezionista – purché isolate e sporadiche, dovute magari all’esigenza di reperire risorse finanziarie per far fronte a una situazione contingente – costituiscono delle mere dismissioni patrimoniali di beni personali che, tenuto conto dell’impostazione casistica del vigente Testo unico, non sono imponibili.

Lo speculatore occasionale

Figura intermedia tra le due precedenti è quella dello speculatore occasionale: colui che, in maniera episodica, magari come forma di autofinanziamento del proprio hobby, decide di acquistare e cedere un’opera d’arte per trarne profitto. Tale operazione, che come detto richiede una (anche soltanto limitata) serie di attività, può costituire un reddito diverso ex articolo 67, lettera i), del Tuir, come attività commerciale non abituale.

Per poter ricondurre a tale categoria reddituale occorre una valutazione caso per caso, considerato che l’attuale Tuir non riproduce la presunzione assoluta (di cui all’articolo 76 del Dpr 597/73): per cui la cessione di beni d’arte e da collezione avvenuta entro i due anni dall’acquisto avveniva con fine speculativo, con conseguente produzione di un reddito “diverso”.

Gli indici di attività commerciale

La distinzione tra le tre figure non può che dipendere da un approccio casistico, che consideri (come chiarito dalla dottrina e dalla Cassazione 21776/2011) le modalità oggettive in cui si estrinseca l’attività di vendita e, solo su un piano indiziario, l’animus del cedente (si vedano le schede in pagina).

Se si volge lo sguardo alle decisioni della giurisprudenza, possono risultare indici della sussistenza di un’attività commerciale (da valutare, poi, se abituale o occasionale): l’elevato numero delle azioni compiute dal cedente per perfezionare la vendita; la realizzazione di una serie di atti intermedi volti a incrementare il valore del bene, il valore dell’affare e le somme movimentate; il breve tempo di detenzione dell’opera prima della rivendita; l’origine dei mezzi finanziari impiegati per l’acquisto; la presenza di eventuali ulteriori mezzi di sostentamento del venditore; o una particolare esperienza nel settore.

Viceversa, depongono per l’irrilevanza reddituale circostanze quali: l’alienazione di una collezione “in blocco”, eventualmente al di sotto del valore di mercato; la provenienza ereditaria o donativa dei beni (si veda la risoluzione 5/E/2001, riferita alla vendita all’asta, da parte di un’associazione senza scopo di lucro, di beni ricevuti a titolo di liberalità); o un tempo di possesso delle opere prolungato.


SOTTO LA LENTE DEI GIUDICI

1. Collezione ereditata e ceduta
La cessione di una collezione di auto d’epoca (acquisita per successione) non è soggetta a imposizione se, pur di notevole rilevanza economica, avviene in modo non pianificato, cercando di massimizzare gli introiti, ma verso un solo cliente e con il solo obiettivo di liquidare la collezione che non era d’interesse degli eredi (Ctp Torino 351/3/18)
2. Il quadro venduto per i figli

Non è attività commerciale, nemmeno produttiva di redditi diversi, la vendita per 11 milioni di euro di un “De Chirico” acquistato 20 anni prima, effettuata da un novantenne per ripartire il ricavato tra i figli; né, data la notorietà dell’artista, può considerarsi atto di valorizzazione l’esposizione del dipinto in mostre (Ct II grado di Trento, 59/01/2019)
3. La vendita di opere protratta

Costituisce reddito diverso la cessione di 40 opere d’arte, giustificata con la necessità di dover fronteggiare i costi fissi dell’attività professionale, ma protratta anche dopo l’annualità oggetto di accertamento. In assenza della dimostrazione dei costi sostenuti, è legittimo riprendere a tassazione l’intero ricavo delle vendite (Ctr Milano 769/05/2022)
4. La speculazione pianificata
Costituisce attività d’impresa la cessione, nel 2015, di 27 opere d’arte acquistate tra il 2012 e il 2014 per importi molto inferiori al prezzo, anche tenuto conto che le transazioni erano avvenute tramite case d’aste o gallerie internazionali (con emissione di fattura) e che le cessioni erano avvenute anche in anni precedenti e successivi (Ctr Torino, 865/02/2021)

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