Pagamenti in ritardo, interessi dal doppio volto
Il Fisco chiede sempre di più e chi versa in ritardo dovrà pagare interessi più alti. Il legislatore prosegue così nella moltiplicazione degli interessi legali che saranno aumentati dallo 0,3% annuo, misura applicabile per l’anno 2018, allo 0,8% con effetto dal 1° gennaio 2019 (si veda Il Quotidiano del Fisco del 18 dicembre ). Dopo che lo scorso anno, la misura applicabile per il 2017, era passata dallo 0,1% allo 0,3% per l’anno 2018.
Lo 0,8% annuo, applicabile dal 2019, è disposto dall’articolo 1 del Dm Economia del 12 dicembre 2018, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 291 del 15 dicembre 2018. Sarà perciò più pesante il costo del ravvedimento. Così come sarà più oneroso pagare in ritardo le somme all’erario e le rate per i nuovi condoni previsti dal Dl 119/2018. La nuova misura dello 0,8% annuo si dovrà infatti applicare anche sui pagamenti rateali dovuti per la definizione agevolata dei processi verbali di constatazione (articolo 1) e per la chiusura delle liti pendenti (articolo 6).
Per la definizione degli atti del procedimento di accertamento (articolo 2) è possibile applicare la vecchia misura dello 0,3% nel caso di definizioni per le quali il primo pagamento è stato fatto entro il 13 o il 21 novembre 2018. Per le definizioni il cui il primo pagamento sarà fatto nel 2019, si dovranno, invece, applicare gli interessi legali dello 0,8%. Per i pagamenti rateali, sugli importi delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali e la misura va determinata con riferimento all’annualità in cui viene perfezionato l’atto, rimanendo costante anche se il versamento delle rate si protrae negli anni successivi. Per regolarizzare gli omessi o tardivi versamenti del 2018, con il ravvedimento, nel 2019, per gli interessi legali, si dovranno applicare le due misure dello 0,3% fino al 31 dicembre 2018 e dello 0,8% da ieri.
In materia di interessi non è stata mai fissata una misura unica per versamenti e rimborsi. Nonostante vari annunci, si è ancora in attesa di un allineamento per evitare che gli interessi del Fisco su quanto gli è dovuto siano più alti di quelli riconosciuti al contribuente in caso di rimborso. In questo contesto, se il contribuente deve essere rimborsato, l’interesse riconosciuto dal Fisco per il ritardo è il 2% annuo, mentre se il contribuente versa dopo la scadenza, l’interesse è il doppio. Oltre a ciò scatta pure la sanzione del 30%, riducibile al 15% se il contribuente paga entro 90 giorni, mentre nessuna sanzione è prevista a carico del Fisco, anche se esegue i rimborsi in ritardo.
La disparità doveva essere eliminata dal decreto previsto dall’articolo 13 del Dlgs 159/2015 in vigore dal 22 ottobre 2015. Il provvedimento che doveva fissare una misura unica di interessi per versamenti, riscossione e rimborsi di ogni tributo, doveva essere emanato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del Dlgs 159/2015. Considerato che questo decreto è entrato in vigore il 22 ottobre 2015, il provvedimento doveva essere emanato entro il 20 gennaio 2016. Per il momento, visto che il decreto è rimasto una promessa, si devono applicare gli interessi vigenti, che sono di diversa misura e, di norma, favoriscono il Fisco penalizzando i contribuenti. Ad esempio, per i contribuenti che pagano a rate le imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali dei redditi, dell’Iva e dell’Irap, gli interessi sono dovuti nella misura dello 0,33% mensile, ossia il 4% annuo.
L’applicazione altalenante degli interessi, una volta quelli legali, un’altra volta quelli fissi, non segue alcuna logica. Lo dimostra il fatto che per le rottamazioni cartelle sono state chieste misure più alte degli interessi legali. A chi ha pagato a rate le somme della prima e seconda rottamazione, è stato chiesto il 4,5%, mentre il 2% per la terza rottamazione. Ai ripescati della prima e seconda rottamazione che hanno pagato le rate “dimenticate” entro il 7 dicembre 2018, per il residuo debito sono chiesti interessi dello 0,3%.