Partecipazioni e terreni, nodo rate sulle rivalutazioni
Nuova opportunità per la rivalutazione delle partecipazioni e dei terreni edificabili, ma rimangono i vecchi problemi. La riapertura dei termini è contenuta nel comma 554 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017, ma niente di nuovo a parte i termini: perizia e versamento della prima rata dell’imposta entro il 30 giugno 2017 e riferimento ai valori correnti al primo gennaio dello stesso anno; imposta sostitutiva all’otto per cento per tutte le categorie di beni. Come per il passato l’imposta sostitutiva può essere pagata fino tre rate uguali con la maggiorazione degli interessi del tre per cento annuo.
Dopo quindici anni di possibilità di rivalutare partecipazioni e terreni, più che di nuove rivalutazioni i problemi dei contribuenti sono legati alle precedenti sia con riferimento ai valori, sia al pagamento delle imposte sostitutive rateizzate.
Il problema dei valori dei terreni è stato risolto dal legislatore consentendo la facoltà di recuperare l’imposta assolta nelle precedenti rivalutazioni in caso di nuova rivalutazione. Quindi qualora il valore dei terreni sia diminuito si può procedere a una nuova rivalutazione con un valore inferiore recuperando l’imposta sostitutiva versata nella precedente operazione. A seguito dell’aumento dell’imposta sostitutiva all’8% è probabile che nonostante la riduzione del valore del terreno il contribuente debba procedere con il pagamento dell’imposta a saldo visto che in passato l’imposta era della metà. Ad ogni buon conto per i terreni uno dei problemi maggiori e cioè quello del ribasso di valori per effetto della crisi è risolto. Sì, perché l’articolo 7 della legge 448/2001 dispone che il valore di perizia del terreno è il valore minimo ai fini delle imposte dirette e delle imposte sui trasferimenti (registro, ipotecaria e catastale); per questo l’agenzia delle Entrate ha previsto l’obbligo della indicazione del valore di perizia nel rogito di vendita. Senza una nuova perizia il corrispettivo di vendita sarebbe inferiore al valore di perizia e su quest’ultimo sarebbero calcolate le imposte di registro e conseguenti. Questo problema non si pone per le partecipazioni per le quali se dopo aver redatto la perizia il prezzo di vendita risulta inferiore non vi sono conseguenze in quanto per le partecipazioni il prezzo di perizia non deve essere riportato nell’atto di vendita. L’unico aspetto da ricordare è che la minusvalenza risultante dalla differenza tra il valore di perizia e il corrispettivo di vendita non è deducibile come sarebbe di regola nei quattro anni successivi.
La questione invece ancora aperta riguarda i versamenti rateizzati e questa vicenda interessa sia le rivalutazioni delle partecipazioni, sia quelle relative ai terreni agricoli ed edificabili.
L’agenzia delle Entrate sostiene che la rivalutazione è perfezionata con l’asseverazione della perizia e con il pagamento della prima rata dell’imposta sostitutiva. Quindi le due rate successive sono comunque dovute, al limite sanando l’eventuale dimenticanza con il ravvedimento operoso. Se il versamento della seconda e della terza rata non viene eseguito scatta l’iscrizione a ruolo. A nostro parere la rigorosa interpretazione dell’agenzia delle Entrate, fatta propria per la verità anche dalla giurisprudenza, Corte di cassazione compresa, è ingiusta e certamente in conflitto con i principi ispiratori dello statuto del contribuente che all’articolo 10 dispone che «i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e buona fede».
La rivalutazione dei valori fiscali delle partecipazioni e dei terreni è un atto volontario e non deve trasformarsi in una tassazione coercitiva. Dopo aver fatto la rivalutazione possono succedere tante cose. Ad esempio, potrebbero non esserci più le condizioni per vendere quote o terreni, quindi il proprietario cambia i suoi programmi; un terreno edificabile potrebbe essere declassato ad agricolo, oppure venduto ancora allo stato di agricolo dopo cinque anni dalla data dell’acquisto; oppure, ancora, il contribuente potrebbe essere deceduto prima del versamento delle rate mancanti (in quest’ultimo caso il fisco chiede l’imposta sostitutiva agli eredi ancorché la rivalutazione non abbia alcun effetto per loro).
In questi casi sarebbe ovvio che le rate ancora dovute possano essere legittimamente non versate. Qualcuno aspirerebbe anche ad ottenere il rimborso delle rate versate, ma questo non trova una copertura normativa nell’articolo 38 del Dpr 602/1973. Invece, per le rate non versate nel momento in cui ad arbitrio del contribuente la rivalutazione venga abbandonata, trattandosi di un atto volontario, non trova alcuna giustificazione il pagamento inutile delle rate residue.