Professione

Pensione complementare, assegno ponte fino a 10 anni

di Antonello Orlando

L’accesso ai montanti accumulati nella previdenza complementare ha ricevuto una notevole semplificazione grazie alla legge sulla concorrenza (articolo 1, comma 38, lettera b, della legge 124/2017 ) che è intervenuta sull’articolo 11 del decreto legislativo 252/2005.

Il testo previgente forniva la possibilità agli iscritti, che cessavano l’attività lavorativa e versavano in uno stato di inoccupazione da più di 48 mesi, di accedere alle prestazioni pensionistiche erogabili dal fondo (tranne il riscatto totale della posizione) con un anticipo di massimo 5 anni rispetto alla maturazione dei requisiti pensionistici.

La modifica prevista dalla legge sulla concorrenza in prima analisi amplia la platea dei beneficiari, dimezzando il periodo di inoccupazione richiesto da più di 48 a più di 24 mesi (non a caso, la durata massima dell’indennità di disoccupazione Naspi). In seconda battuta, riduce le prestazioni accessibili anticipatamente a una sola: una rendita temporanea che accompagni l’iscritto al conseguimento della pensione di primo pilastro e collegabile al conseguimento di qualsiasi prestazione nel regime obbligatorio di appartenenza. C’è inoltre la possibilità, da parte delle forme di previdenza complementare, di erogare l’assegno con un anticipo fino a 10 anni rispetto alla pensione.

In attesa che i fondi recepiscano la novità normativa, due sono gli aspetti che la prassi di settore dovrà prendere in considerazione. Da un lato il regime fiscale applicabile che, in assenza di specifiche normative, potrebbe auspicabilmente godere dell’estensione sull’intera prestazione del regime agevolato della tassazione sostitutiva dal 9 al 15 per cento; dall’altro, il requisito della certificazione di inoccupazione.

Un indirizzo dato dalla Commissione di vigilanza sui fondi pensione, nel caso di una risposta a quesito dell’ottobre del 2008, lascia facoltà al singolo fondo pensione di individuare «la documentazione più idonea» da richiedere ai fini della inoccupazione dell’iscritto, ma tale dato, a partire dalle novità introdotte dal Jobs act con l’articolo 19 del Dlgs 150/2015, andrebbe probabilmente riconsiderato, anche alla luce delle considerazioni sulla differenza fra disoccupazione e non occupazione svolte dal ministero del Lavoro con la circolare 34/2015.

Un’ipotesi semplificativa potrebbe essere, ad esempio, quello di sfruttare la certificazione della dichiarazione di immediata disponibilità o, in ogni caso, prevedere una uniformità fra i documenti richiesti dai fondi, visto il probabile incremento di richieste a seguito delle novità normative in esame.

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