Adempimenti

Per le auto aziendali deduzioni ridotte

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di Luca De Stefani

La limitata possibilità di deduzione dei costi relativi alle autovetture aziendali, ridotta dal 40% al 20% dal 1° gennaio 2013 per le auto che, seppur usate solo per motivi aziendali, non sono quelle «essenziali» per esercitare l’attività, sta portando molte imprese a preferire l’intestazione delle autovetture direttamente agli amministratori, per le società di capitali, agli accomandatari per le sas o ai soci per le snc. In questa maniera, il costo sostenuto dall’impresa per il rimborso al proprietario dell’auto delle spese per i chilometri percorsi durante la trasferta aziendale è deducibile ai fini Ires o Irpef in capo all’impresa (nel limite delle tariffe Aci), mentre il rimborso non viene tassato in capo al percettore (senza partita Iva).

Per le autovetture intestate all’impresa, invece, la deduzione è del 100% solo per quelle senza le “quali l’attività stessa non può essere esercitata” (ad esempio, per il noleggio, il leasing o le autoscuole), è del 70% per i veicoli dati in uso promiscuo (aziendale e personale) al dipendente per la maggior parte del periodo d’imposta (ma in questo caso, scatta la tassazione in busta paga del fringe benefit, ai sensi dell’articolo 164, comma 1, lettera b-bis, Tuir) ed è del 50% per le autovetture dei minimi. Per i forfettari, infine, il reddito tassato al 15% (5% per le nuove attività) è pari a una percentuale (che varia a seconda del tipo di attività esercitata) dei relativi ricavi o compensi incassati, a prescindere dal costo dell’eventuale autovettura intestata alla partita Iva, il quale però rileva al 50% ai fini del controllo del non superamento dei 20mila euro dei beni strumentali acquisiti.

Per le singole trasferte fuori del Comune, sede di lavoro, possono spettare all’amministratore, previa apposita autorizzazione, due tipi di indennità, quella forfettaria e quella chilometrica.

La prima può essere pagata indipendentemente dal fatto che utilizzi la propria autovettura e prevede un rimborso giornaliero di 46,48 euro (77,47 euro se all’estero). Questo importo non comprende le “spese di viaggio e di trasporto” (aereo, treno, taxi, pullman o autobus, traghetto, metropolitana o indennità chilometriche), le quali, quindi, possono essere rimborsate analiticamente (articolo 51, comma 5, Tuir). Fino al suddetto limite di 46,48 euro non sono tassate in capo all’amministratore, mentre sono sempre deducibili in capo all’impresa, anche per importi superiori. In capo alla persona fisica che richiede il rimborso, invece, le indennità forfettarie sono tassate, per la parte che supera questi limiti.

Le indennità chilometriche, invece, hanno un limite massimo di deduzione in capo all’impresa, pari al “costo di percorrenza” relativo ad “autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel” (articolo 95, comma 3, Tuir). Le autovetture con 17 cavalli fiscali hanno una cilindrata tra 1505,9 e 1643,3 cc., mentre quelle di 20 cavalli fiscali tra 1930,6 e 2080,1 cc. (decreto legge 8 ottobre 1976, n. 691).

Per i rimborsi chilometri, l’agenzia delle Entrate ha chiarito che è possibile dedurre il totale della tariffa Aci e non solo la parte proporzionale alla percorrenza percorsa (risoluzione 6 maggio 2011, protocollo 954-59477-2011). Nel sito internet dell’Aci, semestralmente (a fine marzo e a fine settembre), vengono aggiornati i costi di esercizio al km, che sono divisi tra quelli non proporzionali alla percorrenza (assicurazione Rca, tassa automobilistica, quota interessi) e quelli proporzionali, i quali comprendono la quota capitale, il carburante, la manutenzione, la riparazione e i pneumatici. Ad esempio, considerando una percorrenza annua di 15mila km con un’autovettura diesel di 20 cavalli fiscali, i costi fissi annui per km sono di 0,291636 euro che sommati a quelli proporzionali alla percorrenza annua di 0,27103 euro per km, portano ad un costo Aci complessivo di esercizio di 0,56266 euro per km.

Ai fini della deduzione del costo in capo all’impresa, è questo l’importo massimo che può essere utilizzato per determinare l’indennità chilometrica da pagare all’amministratore del nostro esempio, in quanto gli importi eccedenti non possono essere dedotti. In capo al percettore, invece, questa indennità non concorre mai a formare il reddito, neanche se si utilizza una tariffa Aci superiore (articolo 51, comma 5, Tuir) e neanche se il rimborso spese analitico, comprensivo anche di altre spese di viaggio e trasporto (aereo o treno) o di vitto e alloggio, supera i 180,76 euro giornalieri (258,23 euro, se all’estero). Questo limite, infatti, riguarda solo la deduzione in capo all’impresa delle spese di vitto e alloggio per le trasferte (articolo 95, comma 3, Tuir).

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