Professione

Per una digital tax globale la strada è ancora lunga

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di Alessandro Galimberti

Le dichiarazioni dei ministri delle finanze e dei banchieri centrali che hanno chiuso il G20 di Fukuoka, pur dando un segnale politico non scontato, non risolvono il tema di trovare a breve una soluzione unanime, condivisa e operativa per una digital tax globale. «Il G20 - è scritto nel comunicato diffuso al termine dei lavori - ha votato per continuare la propria cooperazione per un «sistema di tassazione internazionale globalmente equilibrato, sostenibile e moderno. Salutiamo favorevolmente gli obiettivi raggiunti nella trasparenza internazionale, inclusi i progressi negli scambi automatici sulle informazioni per finalità fiscali».

Tuttavia sulle modalità di calcolo del valore - reddituale prima ancora che fiscale - dell’economia digitale restano ancora in campo teorie non facilmente conciliabili, quando non di attuazione tecnica problematica. Mentre l’Ocse continua a lavorare sulla logica dei due pilastri, nel tentativo di creare una cerniera tra due universi paralleli - quello dell’industria novecentesca e quello disruptive dell’economia digitale/immateriale - alcuni Stati stanno ponendo misure unilaterali che rischiano solo di alterare il level playing field della competizione commerciale.

Per gli Usa, più prudenti sulle mosse europee che mettono nel bersaglio i colossi americani del web, il segretario al Tesoro Steven Mnuchin ha riconosciuto che le politiche fiscali devono catturare la digitalizzazione delle imprese per impedire la «corsa verso il basso» da parte dei Paesi che cercano di attirare le compagnie offrendo incentivi insostenibili e ingiustamente bassi. «Sono questioni complicate in un ambiente che cambia» ha detto il rappresentante del Treasury, che svia ovviamente sul tema di fondo: la quantificazione fiscale del valore enorme accumulato dai superbig dell’economia dematerializzata.

In ogni caso, e proprio per questo, non è per nulla scontato che nel giro di un anno o poco più il G20, storicamente avamposto delle soluzioni più generali dell’Ocse, arrivi a un punto di equilibrio sul doppio binario al vaglio dell’organizzazione parigina. Il primo riguarda la frazionabilità del diritto di tassare il reddito delle imprese multinazionali tra le giurisdizioni, compresi le tradizionali regole sui prezzi di trasferimento e il principio di libera concorrenza. Questi dogmi del diritto tributario internazionale dovrebbero essere modificati per tenere conto dei cambiamenti che la digitalizzazione ha determinato nell’economia mondiale. In particolare i tecnici stanno “stressando” il concetto del cosidetto nexus - cioè le regole di connessione tra un’azienda e la sua giurisdizione “naturale” - e le regole sulla determinazione della parte di profitto che deve essere assegnata a tale giurisdizione.

Il quadro cosidetto inclusivo sta varando le proposte basate sui concetti di intangibili (in sostanza, la valutazione economica del traffico di dati), contributo degli utenti (piattaforme social) e di «presenza economica significativa». E su come possono essere utilizzati per modernizzare il sistema fiscale internazionale per affrontare le sfide fiscali della digitalizzazione.

Il secondo pilastro mira a risolvere i rimanenti problemi Beps (erosione della base imponibile e trasferimento dei profitti) ed esaminerà due serie di norme collegate per fornire un rimedio nei casi - ormai frequenti - in cui il reddito è soggetto a tassazione nulla o molto bassa.

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