Processo tributario, omessa contestazione depotenziata
Il principio di non contestazione, di cui al comma 1 dell’articolo 115 Cpc, trova applicazione anche nel processo tributario ma, considerata l’indisponibilità dei diritti controversi, afferisce esclusivamente ai profili probatori del fatto non contestato, sempreché il giudice, in base alle risultanze ritualmente assunte nel processo, non ritenga di escluderne l’esistenza.
A tale conclusione è giunta la Corte di cassazione attraverso la sentenza n. 12287, depositata in cancelleria il 18/05/2018.
La Corte ha enunciato uno stimolante postulato in merito a un aspetto di carattere processuale sul principio di non contestazione di cui al comma 1 dell’articolo 115 Cpc il quale, conformemente al precedente orientamento della Corte (sentenza n. 1384/2016), deve trovare applicazione anche in ambito tributario.
Il collegio di legittimità ha affermato che, considerata l’indisponibilità dei diritti controversi, il rammentato assioma afferisce unicamente ai profili probatori del fatto non contestato a condizione che il giudice, in forza delle risultanze ritualmente assunte durante il contenzioso, non decida di escluderne la sussistenza. Il menzionato scenario ha condotto i magistrati a rigettare l’eccezione sollevata dal contribuente, volta a far emergere l’assenza di contestazione in ordine agli elementi probatori dallo stesso forniti, da parte dell’ente locale.
La Corte ha sancito (Sent. n. 15658/2013) l’incapacità del principio di non contestazione di generare conseguenze nelle vertenze afferenti i diritti indisponibili, ambito nel quale il legislatore è orientato a vietare che le parti, mediante le rispettive strategie processuali, possano condizionare il giudice al fine di ottenere, attraverso la sentenza, ciò che non sarebbero in grado di conseguire per il tramite della libera iniziativa.
Il menzionato orientamento si è formato sulle riflessioni effettuate sul contenuto dell’articolo 2698 Cc secondo il quale risultano nulli gli accordi attraverso i quali viene sovvertito l’onere probatorio nell’ambito dei diritti di cui le parti non sono nella condizione di poterne disporre.
Di conseguenza, nel contenzioso afferente i diritti indisponibili, l’omessa contestazione acquisterebbe rilevanza, al pari di ogni ulteriore condotta delle parti, esclusivamente come argomento di prova in base a quanto disposto dal co. 2 dell’art. 116 c.p.c. e pertanto, oggetto della non contestazione risultano essere unicamente i fatti e non le correlate contingenze arguibili indirettamente dalla domanda presentata (Cass. sent. n. 1878/2012) o le considerazioni personali della controparte rappresentate negli atti processuali o le domande, le opinioni e le argomentazioni giuridiche (Cass. sent. n. 17947/2006).
Per la Corte (Cass. SS.UU. sent. n. 11353/2004), il postulato afferisce alla contestazione di un fatto determinato, noto alla parte avverso la quale lo si allega, poiché, essendo indiscutibilmente semplice correlare l’onere della confutazione ai fatti che sono propri delle parti, risulta essere più difficoltoso ravvisare una analoga correlazione nel caso in cui le casistiche dei fatti esulano dall’ambito di conoscenza degli attori.