Processo tributario telematico, deroghe solo con il nulla osta del giudice
Nel processo telematico obbligatorio in vigore dal 1° luglio scorso c’è ancora spazio per la “carta”. La deroga alla notifica digitale della lite tributaria è però ristretta a pochi casi e deve sempre essere autorizzata, con atto motivato, dal presidente della Commissione tributaria o da quello di sezione se il ricorso è già iscritto a ruolo. Nel caso in cui la questione su un possibile deposito cartaceo dovesse sorgere in udienza, la deroga al documento digitale può essere autorizzata dal collegio. A ricordarlo agli uffici finanziari è la nota interna diramata dall’agenzia delle Entrate nei giorni scorsi sulla gestione del contenzioso tributario dopo l’avvio del processo telematico obbligatorio dal 1° luglio 2019.
Tra le raccomandazioni impartite il 5 luglio scorso viene chiesto espressamente agli uffici del Fisco di non «valorizzare in giudizio» eventuali eccezioni fondate solo sul non corretto utilizzo della procedura digitale di notifica e deposito degli atti processuali. Un invito, se possibile, a chiudere un occhio pur di agevolare l’introduzione dell’obbligo del processo tributario , soprattutto «nell’ottica di un comportamento processuale ispirato a principi di collaborazione e buona fede».
Ma quando le parti possono ricorrere a modalità di notifica e deposito tradizionali? Le Entrate ricordano che i casi sono pochi e ben definiti. In particolare si torna alla carta quando il deposito telematico è impossibile per circostante eccezionali e non addebitabili a chi deposita. È il caso di una documentazione cartacea voluminosa o la presenza di documenti non riproducibili in file. In questi casi gli Uffici si faranno prima autorizzare e poi potranno depositare senza ricorrere alla procedura digitale.
Ma attenzione tra le raccomandazioni operative diramate dal centro va segnato che gli Uffici, sempre in caso di eventi eccezionali, dovranno prima depositare l’atto cartaceo accompagnato da tutta la documentazione che attesta l’impossibilità di utilizzare la procedura telematica. Solo dopo gli uffici interessati potranno ottenere l’autorizzazione del presidente o del collegio. E questo anche al fine di evitare preclusioni o decadenze dei termini processuali. In particolare, l’ufficio dovrà chiedere che con provvedimento motivato venga dichiarato valido il deposito cartaceo o in subordine la rimessione nei termini per procedere al deposito telematico.
Insieme alla memoria e all’eventuale documentazione che attesi l’impossibilità di utilizzare il canale telematico, l’Ufficio nei casi di atto già notificato con Posta elettronica certificata (Pec) è tenuto a recuperare su supporto analogico l’atto già notificato, eventuali allegati, la ricevuta di accettazione e quella di avvenuta consegna. Il tutto attestandone la conformità agli standard informatici ammessi dal Codice dell’amministrazione digitale (Cad).
Sul fronte delle notifiche, invece, l’agenzia delle Entrate riconosce la possibilità del formato cartaceo nei casi in cui non sia stato indicato l’indirizzo Pec del difensore o della parte o ancora se lo stesso non è reperibile dai pubblici elenchi. Così come nei casi in cui la mancata consegna della Pec è imputabile al destinatario. Solo se anche la notifica tradizionale non va a buon fine si può arrivare alla soluzione estrema della “consegna” tramite deposito presso la segreteria della commissione tributaria.
La data di accettazione sarà comunque quella che attesta ai funzionari del Fisco l’avvenuta notifica. Sulla tempistica, poi, le Entrate fanno proprio il principio delle Sezioni Unite della Cassazione, secondo cui la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale del procedimento sempre che la ripresa dello stesso sia intervenuta entro termini ragionevolmente contenuti. In questo senso sarà la comune diligenza sulla conoscenza dell’esito negativo della notificazione e quella per assumere ulteriori informazioni a rappresentare il principio guida.