Professione

Professioni, le regole di accesso sottoposte al test di proporzionalità

Approvato il decreto legislativo per recepire la direttiva Ue 2018/958: il giudice sarà un soggetto terzo

di Marina Castellaneta

Un freno all’adozione di nuove regole che limitano l’accesso alle professioni o che introducono ostacoli all’esercizio effettivo dell’attività. Nel segno della libertà professionale. Con quest’obiettivo, il Dlgs approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri del 6 ottobre introduce il test di proporzionalità che diventa obbligatorio in tutti i casi in cui si proceda a emanare norme interne sulla regolamentazione delle professioni. Lo ha chiesto l’Unione europea con la direttiva 2018/958 «relativa a un test della proporzionalità prima dell’adozione di una nuova regolamentazione delle professioni», il cui termine di recepimento era il 30 luglio 2020.

La legge 117/2019, di delegazione europea 2018, aveva già introdotto la delega al governo. Adesso arriva il Dlgs che, come previsto nella direttiva, impone la valutazione della proporzionalità anche nei casi in cui il potere regolamentare sia attribuito a un determinato ordine professionale. Non sono coinvolte solo le nuove norme, ma anche quelle già esistenti, impedendo così, grazie alla valutazione ex ante, un regresso rispetto alla liberalizzazione raggiunta.

Prima di tutto, il testo fissa l’ambito di applicazione delle nuove regole che valgono per ogni intervento legislativo/amministrativo rivolto a limitare l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio. Il test inoltre scatterà per le modalità di esercizio di una professione e, quindi, dovrà essere applicato alle questioni relative all’uso dei titoli professionali. Resta ferma, però, la competenza degli Stati membri sui sistemi di formazione professionale.

Il sistema, la cui gestione è affidata agli organismi istituzionali esistenti, funzionerà così: i soggetti regolatori (tutte le autorità legittimate a emanare disposizioni legislative, regolamentari o amministrative generali, inclusi gli ordini professionali) saranno tenuti a una valutazione di impatto della regolamentazione, prima di prospettare modifiche, utilizzando un questionario allegato al decreto legislativo. La griglia informativa è in 13 punti, ma non basteranno risposte secche, poiché è richiesta una motivazione specifica e dettagliata, con dati qualitativi e quantitativi. Si passerà al parere dell’Autorità garante della concorrenza, per poi approdare all’accertamento sull’incidenza delle misure che sarà di competenza di un soggetto terzo rispetto ai regolatori. In ogni caso, l’onere della prova circa la necessità della misura e il vaglio del test di proporzionalità è a carico delle autorità nazionali.

In linea con la direttiva, l’articolo 4 lascia spazio a deroghe, con la possibilità di ingresso di disposizioni limitative dell’accesso alle professioni per motivi di interesse generale. Una nozione, quest’ultima, che deve essere ricavata dalla giurisprudenza della Corte Ue e non dagli ordinamenti nazionali per non compromettere l’effetto utile della direttiva. L’elenco indicato all’articolo 4 è esemplificativo: tra i motivi di interesse generale vi sono quelli di ordine pubblico, di sicurezza pubblica, di sanità o motivi imperativi di interesse pubblico come il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale.

L’elenco è particolarmente ampio (è così anche nella direttiva), ma la norma dovrà essere interpretata alla luce dell’obiettivo perseguito e della giurisprudenza della Corte Ue. D’altra parte, lo stesso comma 3 dell’articolo 4, esclude la possibilità di invocare limitazioni fondate su motivi di natura esclusivamente economica o amministrativa. L’obbligo di assicurare che le misure siano proporzionali impone alle autorità nazionali di bloccare quelle regole che potrebbero essere sostituite da mezzi meno restrittivi per conseguire l’obiettivo di interesse pubblico. Nel segno della trasparenza, i soggetti regolatori dovranno permettere un intervento ex ante con una consultazione degli stakeholder.

Su tutto veglia Bruxelles. L’articolo 7, infatti, stabilisce l’obbligo di trasmissione delle informazioni sugli interventi sottoposti al test di proporzionalità alla Commissione europea, attraverso la banca dati delle professioni regolamentate.

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