Professionisti, credito senza privilegio per lo studio associato
La proposizione della
Si tratta quindi di un indirizzo che si va consolidando nel tempo, nonostante qualche “distinguo”. Vediamo di seguito.
Gli accordi che disciplinano i rapporti tra gli associati di uno studio professionale ben possono attribuire all’associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità dei rapporti che ne derivano, che vengono poi delegati ai singoli professionisti e da questi personalmente curati.
In presenza di questa circostanza sussiste la legittimazione attiva dello studio associato rispetto ai crediti originati dalle prestazioni rese dai singoli professionisti a favore dei clienti conferenti l’incarico e quindi anche a richiederne l’ammissione allo stato passivo del fallimento del cliente insolvente.
La ricorrenza di entrambe le circostanze indicate ai punti 1 e 2 non è peraltro di per sé sufficiente per giustificare il riconoscimento del privilegio. Infatti, se la richiesta di ammissione allo stato passivo del fallimento proviene da uno studio associato, ciò basta per trarne la presunzione, salvo prova contraria, che il rapporto professionale è intercorso tra il cliente e lo studio associato e non tra il cliente e il singolo professionista, con la conseguenza che in questo caso il privilegio non compete, a causa della mancanza del carattere personale di tale rapporto.
La predetta presunzione può essere tuttavia superata se lo studio associato che chiede il riconoscimento del credito in via privilegiata dimostra che tale credito:
si riferisca a una prestazione resa personalmente da un singolo professionista, in via esclusiva o prevalente rispetto all’apporto di altri membri del medesimo studio associato, anche alla luce della dimensione di quest’ultimo;
sia di pertinenza dello stesso professionista, pur se formalmente richiesto dall’associazione professionale.
Alcune pronunce, tra le quali la 19735/2017, richiedono, ai fini del riconoscimento del credito, anche la prova della cessione di quest’ultimo dal professionista allo studio associato, ma la mancanza di tale cessione non può comportare di per sé la non riconoscibilità del privilegio, perché a tal fine rileva che la prestazione sia stata il frutto del lavoro del singolo professionista e non dell’organizzazione dello studio associato nel suo complesso.
L’ordinanza di Cassazione n. 19735/2017