Professione

Protesti, urgente una proroga su tutto il territorio

Inizialmente erano state congelate le procedure nell’ex zona rossa

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di Angelo Busani

La materia dei protesti cambiari sconta in questi giorni il problema della mancanza di una specifica normativa e della difficoltà di interpretare la disciplina legislativa e regolamentare emanata dal Dl 9/20 in poi: se cioè i termini per effettuare i protesti siano, o meno, sospesi fino al 31 marzo.

Pertanto, da un lato alcune banche premono sui notai affinché i protesti cambiari vengano effettuati; d’altro lato molti notai ritengono, invece, che i “termini civilistici” siano sospesi (in ciò supportati da una Faq del Consiglio nazionale del notariato); e si trovano a fronteggiare la responsabilità che assumono verso le banche in caso di mancato protesto e la responsabilità che assumono verso i protestati, in caso di protesto elevato illegittimamente.

La questione si incentra, in diritto, sull’articolo 10, Dl 9/2020 che ha sospeso, dal 22 febbraio al 31 marzo 2020, nella “prima zona rossa”, i cosiddetti “termini civilistici”, vale a dire, in particolare, i «termini di scadenza … relativi a vaglia cambiari, a cambiali e a ogni altro titolo di credito o atto avente forza esecutiva» (comma 5). Questa norma era limitata ai soggetti che, alla data del 2 marzo 2020, avevano la seguente connotazione territoriale: fossero «residenti», avessero «sede operativa» o esercitassero «la propria attività lavorativa, produttiva o funzione nei Comuni» della “prima zona rossa” (quella individuata dal Dpcm 23 febbraio 2020 in dieci comuni lombardi e in un comune Veneto). Però, per effetto del Dpcm 8 marzo (che ha espressamente abrogato i Dpcm precedenti), la zona rossa è stata estesa in tutta la Lombardia e in 14 province del Piemonte, del Veneto, dell’Emilia Romagna e delle Marche); e, infine, con Dpcm 9 marzo 2020, tutto il territorio nazionale è diventato zona rossa (o zona protetta). Il tema è, dunque, se la norma che ha disposto la sospensione dei “termini civilistici” con specifico riguardo alla prima zona rossa, debba oggi intendersi valevole per tutta l’Italia.

Rispetto a questa tematica, vi è spazio sia una risposta positiva che una risposta negativa. Quest’ultima si fonda su un dato testuale, vale a dire che il Dpcm 23 febbraio 2020 è stato abrogato in modo espresso dal Dpcm 8 marzo 2020 e che, da allora in poi, non si è più avuto un “elenco di Comuni” (cui il Dl 9/2020 faceva espresso riferimento per individuare la sua portata spaziale). Questa argomentazione è indubbiamente assai debole.

D’altro canto, con un ragionamento più ancorato alla realtà sostanziale, può rilevarsi che se il legislatore nazionale, con un decreto legge, ha ritenuto di dettare la sospensione dei termini “civilistici” per un dato territorio, a causa della sua situazione di emergenza, tale normativa dovrebbe ritenersi estesa a tutto il territorio italiano una volta che la legislazione emergenziale sia stata estesa dalla prima zona rossa all’intero àmbito nazionale.

Il tema è che il 31 marzo è alle porte: se, dunque, i “termini civilistici” siano anche sospesi, il problema si ripropone tra qualche giorno. Ed è quindi necessario che il legislatore finalmente intervenga sul punto per chiarire una volta per tutte se anche i termini “civilistici”, oltre a quelli “processuali”, sono sospesi.

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