Controlli e liti

Nuovo processo tributario, prova testimoniale anche contro la volontà delle parti

L’introduzione della prova testimoniale in forma scritta costituisce una delle principali novità delle nuove regole del processo tributario. Il testo, tuttavia, non è particolarmente chiaro e potrebbe generare vari dubbi che, si spera, saranno chiariti durante l’iter parlamentare

di Antonio Iorio

L’introduzione della prova testimoniale in forma scritta certamente costituisce una delle principali novità delle nuove regole del processo tributario.

Il testo, tuttavia, non è particolarmente chiaro e potrebbe generare vari dubbi che, si spera, saranno chiariti durante l’iter parlamentare. Va precisato peraltro che, sul punto, il testo è differente dalla proposta avanzata dalla commissione interministeriale.

In dettaglio, viene modificato l’attuale comma 4 dell’articolo 7 del Dlgs 546/92: si conferma il divieto di giuramento e si prevede che la Commissione, anche senza l’accordo delle parti, possa ammettere la prova testimoniale, assunta con le forme di cui all’articolo 257-bis del Codice di procedura civile. Tale prova è tuttavia ammissibile solo se:
O la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede sino a querela di falso;
O riguardi circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale.

La richiesta

Rispetto al testo proposto dalla Commissione interministeriale che prevedeva la richiesta solo in capo al ricorrente, il Ddl consente genericamente l’ammissione della prova da parte della commissione anche contro la volontà delle parti. Ne dovrebbe conseguire che una simile richiesta possa originare da ciascuna delle parti in giudizio.

Resta il dubbio se possa essere assunta anche d’ufficio su input del giudice

Non è chiaro, poi, se debba avvenire obbligatoriamente nel corso del primo grado di giudizio o anche in appello. Nel silenzio della norma si ritiene più corretta la seconda opzione in quanto nel processo tributario sono ammissibili nuove prove nel grado di appello. In questo caso andrebbe ben ponderata l’eventuale richiesta in secondo grado della parte erariale in quanto potrebbe ampliare quanto originariamente contestato nell’atto impositivo su cui il contribuente si è difeso in primo grado.

La forma

Trovando applicazione l’articolo 257 bis del Codice di procedura civile, la Commissione tributaria, ammessa la prova, disporrà da parte del richiedente la predisposizione del modello di testimonianza sui fatti necessitanti di essere accertati e la notifica al testimone.

Il testimone compilerà il modello di testimonianza, rispondendo a ciascuno dei quesiti posti, precisando a quali non è in grado di rispondere. Sottoscriverà la deposizione e la spedirà/consegnerà alla segreteria della Commissione.

I limiti

La prova testimoniale può essere ammessa solo nei casi in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede sino a querela di falso e riguardi circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale

Dovrebbero rientrare in tale accezione, in base all’articolo 2700 del Codice civile, tutti i verbali redatti dai funzionari civili e militari dell’amministrazione finanziaria (Pvc, verbale accesso, operazioni compiute, contraddittorio, eccetera). Pertanto se a seguito di uno di questi atti sia poi stato emanato un atto impositivo dovrebbe esser astrattamente ammessa la prova testimoniale.

Non è per nulla chiaro, invece, cosa debba intendersi per circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale su cui potrebbe innestarsi la prova testimoniale.

Si tratta, infatti di comprendere se dette circostanze di fatto riguardino l’intero contenuto del verbale, comprese le valutazioni e le deduzioni dei verificatori, o soltanto quelle cui la legge affida tutela privilegiata (fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale o da lui compiuti).

È evidente che se dovesse escludersi la prova testimoniale per tutte le circostanze riportate nel verbale (si pensi alla determinazione dei ricarichi, delle rimanenze, eccetera) le ipotesi di ammissione della testimonianza sarebbero veramente circoscritte, e spesso inutili, se invece l’esclusione riguarderebbe solo le circostanze assistite da fede privilegiata, vi sarebbero varie opportunità da parte degli interessati.

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