Quote ereditate, il valore si basa sul bilancio
Anche il trasferimento di partecipazioni per successione o donazione genera una serie di effetti particolari. I ragionamenti da fare sono diversi a seconda del fatto che il bene sia stato ricevuto in successione o donazione. Nella prima ipotesi , in base all’articolo 68, comma 6 del Tuir, la partecipazione viene valorizzata in capo all’erede con lo stesso imponibile rilevante ai fini dell’imposta di successione. L’articolo 16 del Dlgs 346/1990 stabilisce che il valore della partecipazione va computato considerando il valore del patrimonio netto contabile derivante dall’ultimo bilancio pubblicato oppure, in caso di assenza di tale obbligo (ad esempio, le società di persone), dall’inventario redatto. Quindi si tratta di un dato assolutamente estraneo al valore del costo sostenuto dal de cuius o da questi determinato per effetto di rivalutazioni. Ciò può avere riflessi positivi o negativi poiché se il de cuius non avesse eseguito alcuna rivalutazione e la società partecipata presentasse rilevanti riserve di utile, il costo della partecipazione in capo al socio deceduto risulterebbe sensibilmente inferiore a quello riconosciuto in capo all’erede, e ciò senza eseguire alcun versamento di imposta sostitutiva. Al contrario se il socio deceduto avesse sostenuto un costo di acquisto elevato, a seguito della valorizzazione di plusvalenze latenti (ad esempio, l’avviamento) e quindi non esistenti nel netto patrimoniale, l’erede riceverebbe la partecipazione subendo una sorta di svalutazione, poiché deve parametrarla alla frazione di patrimonio netto dal medesimo detenuta.
Per quanto concerne le partecipazioni ricevute per donazione, si applica il passaggio dell’articolo 68, comma 6 del Tuir secondo cui il valore fiscalmente riconosciuto in capo al donatario è il medesimo di quello riconosciuto in capo al donante. Diversamente dall’ipotesi della successione ereditaria, siamo qui in presenza di una assoluta continuità nella determinazione del valore fiscalmente riconosciuto tra donante e donatario, sicché una eventuale rivalutazione eseguita dal donante, prima di trasferire la quota, viene riconosciuta anche in capo al donatario. Bisogna però fare attenzione all’ipotesi di eseguire una nuova rivalutazione delle quote da parte del donatario per incrementare il valore già rivalutato dal donante, perché in tal caso si presentano aspetti negativi. Infatti mentre una nuova rivalutazione eseguita dal medesimo soggetto permette di versare solo la maggiore imposta sostitutiva dovuta, quindi scomputando dal dovuto quella già versata per la prima rivalutazione, nel caso di nuova rivalutazione seguita dal donatario, l’imposta precedentemente versata dal donante viene persa a causa di una non condivisibile tesi espressa dall’agenzia delle Entrate con le risoluzioni 91/E/14 e 40/E/15. Secondo la tesi dell’Agenzia, l’imposta sostitutiva presenta un carattere personale quindi spiega effetti solo per chi l’ha versata, ma non si considera che ai fini dell’imposizione diretta il principio della continuità della valorizzazione tra donante e donatario fa sì che essi siano il medesimo soggetto fiscale.