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Rebus contabile a tre ipotesi per il bonus investimenti

Una tesi molto diffusa è trattare l’agevolazione come contributo in conto impianti

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di Andrea Cioccarelli e Giorgio Gavelli

Non è lontana la chiusura dell’esercizio per molte imprese, e tra i temi di discussione un posto di rilievo merita l’enigma della rilevazione contabile del credito di imposta associato agli investimenti, non direttamente tratta dai principi Oic. Con decorrenza 2020 il bonus, che fino al 2019 era gestito con modalità interamente extra contabili, è rappresentato da un credito di imposta, di entità variabile e di durata in genere quinquennale (articolo 1, commi 184 e seguenti della legge 160/2019).

Di qui l’esigenza di interrogarsi in merito alla corretta rappresentazione contabile di tale credito, la cui natura pluriennale di collegamento a un investimento in immobilizzazioni provoca non poche discussioni e dubbi interpretativi. Al momento pare di individuare tre possibili comportamenti contabili. Per comodità di analisi ipotizziamo un investimento in un bene strumentale di 100 (costo al netto dell’Iva), su cui matura un credito di imposta di 6.

Una prima ipotesi riconosce (si vedano a lato le scritture contabili) la natura di ricavo di esercizio (irrilevante dal punto di vista fiscale ai sensi del comma 192) dell’intero importo di 6, secondo alcuni da classificare tra le imposte con segno positivo (e quindi senza la necessità di ripresa fiscale in diminuzione) e secondo altri direttamente tra gli altri ricavi e proventi nella voce A5. Si noti che il valore da ammortizzare sarebbe pari a 100, e che gli effetti del beneficio influenzano il solo esercizio in cui l’investimento viene effettuato.

Una seconda ipotesi premierebbe la natura pluriennale di tale credito di imposta, e quindi si avrebbe l’iscrizione dell’importo di 6 nell’arco dei cinque anni, attraverso la tecnica dei risconti passivi pluriennali. Anche in questo caso il valore da ammortizzare sarebbe pari a 100, ma l’impatto dell’operazione si riverbera su un orizzonte di cinque anni.

Secondo un terzo orientamento (che pare essere quello condiviso dai più) il bonus è un vero e proprio contributo in conto impianti, e come tale deve essere trattato, ricorrendo quindi alle due possibili modalità previste dai paragrafi 86-88 del principio Oic 16. Se quindi venisse adottato il cd metodo della registrazione “al lordo” il valore ammortizzato in bilancio sarebbe pari a 100, ma il bonus di 6 sarebbe distribuito non già sull’arco dei cinque anni, bensì lungo la durata del periodo di ammortamento. In sede di dichiarazione fiscale, andrà operata la variazione in diminuzione per “annullare” l’effetto del contributo non imponibile. Se invece si optasse per la registrazione “al netto” (inserendo quindi il cespite al valore di 94, e non a quello di 100) sarebbe necessario riprendere la quota residua di ammortamento fiscalmente ammissibile con una variazione in diminuzione (stante che il costo fiscale del cespite è pari a 100).

In termini fiscali il tema è marginale, data l’irrilevanza del ricavo o del minor costo imputato a conto economico, ma in termini civilistici le diverse tecniche di rilevazione portano a risultati differenti (la prima ipotesi premia l’esercizio in corso a scapito di quelli a venire, e viceversa): perciò è auspicabile un orientamento uniforme, e magari una presa di posizione da parte dell’Oic.