Rendita catastale, richiesta di riduzione in salita
Il caso del proprietario di un'abitazione accatastata in categoria A/1 che voglia "ridimensionare" l'inquadramento del fabbricato è oggettivamente una delle questioni più astiose e di difficile comprensibilità dell'attuale sistema catastale. Vediamo perché.
La normativa prevede che le informazioni contenute negli archivi catastali siano in perfetto allineamento con lo stato effettivo degli immobili al momento dell'accertamento. Per garantire questo allineamento si provvede con adempimenti di parte e azioni d'ufficio.
Aggiornamento a due vie
Le parti hanno l'obbligo di presentare documenti di aggiornamento catastali, in caso di variazione nello stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e della classe. Le variazioni da dichiarare concernono esclusivamente fatti fisici oggettivi caratterizzati da:
a) interventi edilizi (ampliamenti, frazionamenti, fusioni, ristrutturazioni eccetera);
b) mutamenti di destinazione d'uso dell'immobile anche senza esecuzione di opere.
Gli adempimenti d'ufficio consistono nelle operazioni di revisione generale o parziale delle tariffe e della qualificazione, classificazione e classamento delle unità immobiliari urbane, da eseguirsi, periodicamente (non oltre un decennio). Questi interventi hanno la finalità di recuperare situazioni incoerenti che si verificano nel tempo, riguardanti deterioramenti fisici, ma anche obsolescenza tipologica e strutturale degli immobili e ancora, di maggiore rilevanza, le mutazioni correlate a intervenute variazioni di apprezzamento dei valori di zona, differenziate rispetto ad altri ambiti della città o ai valori medi comunali.
In realtà, la revisione del classamento delle unità immobiliari non è mai stata effettuata: di conseguenza, permangono negli atti catastali ormai situazioni di censimento catastale risalenti ad accertamenti dell'anno 1939 (ancorché il nuovo catasto edilizio urbano sia entrato in conservazione dal 1° gennaio 1962), con tutte le incoerenze possibili, come quella segnalata dal lettore.
Un rimedio inefficace
A maggior tutela del contribuente – ma anche dell'ente impositore – il legislatore ha inserito una ulteriore disposizione, prevedendo con l'articolo 38 del Tuir che la rendita possa essere rivista anche in un più ristretto arco temporale – se per un triennio il reddito lordo effettivo di un'unità immobiliare differisse dalla rendita catastale per almeno il 50% di questa – su istanza del contribuente o dell'ufficio tecnico erariale, su segnalazione dell'ufficio delle imposte o del Comune.
Quali allora, di fronte alla situazione prospettata dal lettore, le possibili azioni proponibili per la tutela del cittadino?
Purtroppo, la facoltà prevista dall'articolo 38 del Tuir non trova in sostanza alcuna manifesta applicabilità (per ritocchi della rendita al ribasso). Infatti, il canone lordo difficilmente potrà essere inferiore del 50% della rendita catastale, anche per le unità degradate, come quella oggetto del quesito. Di fatto, le attuali rendite catastali, in quanto riferite al 1988-89, sono inferiori dal 300% al 500% e oltre rispetto agli ordinari canoni lordi.
La strada dell'autotutela
In tale quadro normativo, se non ci sono stati interventi edilizi o cambi d'uso dell'unità immobiliare, non è giustificata la presentazione di una variazione in catasto. E, verosimilmente, l'aggiornamento al ribasso della rendita sarebbe bocciato dall'ufficio. Di conseguenza, il proprietario dovrà piuttosto invocare l'istituto dell'autotutela previsto dall'articolo 2-quater del Dl 564/1994 (convertito dalla legge 656/1994) e il Dm 37/1997, per il riesame della rendita attribuita, ove ricorrano i presupposti.
Contro il diniego alla richiesta di autotutela (anche silenzio rifiuto) è ammesso ricorso davanti alla commissione tributaria provinciale in relazione alla legittimità del rifiuto, ma non in ordine al merito, nell'esame del quale si potrà proseguire in caso di legittimità della richiesta stessa.
In questo caso, per l'applicazione dell'autotutela, appare necessario documentare, con una palese dimostrazione, come l'attuale classamento sia affetto da errore grossolano, evidenziabile portando a confronto casi di immobili del tutto similari accertati in categorie o classi di redditività più favorevoli. Diversamente, se la problematica si dovesse riscontrare in generale per la totalità degli immobili similari, il fenomeno evidenzia soltanto uno stato di mancato aggiornamento e sperequazione dell'attuale sistema catastale. La situazione, quindi, va valutata con l'aiuto di un tecnico, per confrontare costi e benefici di un eventuale ricorso.