Controlli e liti

Revocatoria sull’atto a danno dei creditori

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di Angelo Busani ed Elisabetta Smaniotto

Può essere dichiarato inefficace, in esito a un’azione revocatoria, l’atto di cessione del diritto di nuda proprietà di un immobile stipulato a favore di un’amica-badante, in cambio di «assistenza per gli anni a venire», qualora sia dimostrato che questo atto è preordinato a pregiudicare la soddisfazione dei creditori del cedente. La prova della conoscenza, in capo al cessionario, del pregiudizio arrecato al creditore del cedente, richiesta dalla legge (articolo 2901 del Codice civile affinché l’azione revocatoria abbia successo, può essere ritenuta desumibile dall’esistenza di un rapporto di fiducia tra cedente e cessionario (in questo caso fondato su una prestazione lavorativa). È quanto deciso dalla Cassazione con ordinanza del 20 luglio 2018 n. 19449.

Nel caso giunto al giudizio della Cassazione, una donna, gravata di debiti, aveva ceduto alla propria badante-amica, riservandosi il diritto di usufrutto, la nuda proprietà «dell’unico immobile di sua proprietà», in cambio dell’impegno della cessionaria «a prestarle assistenza per gli anni a venire». Nel giudizio di merito, promosso dal creditore della parte cedente, per sentir dichiarare l’inefficacia della cessione perché considerata pregiudizievole delle ragioni del creditore stesso, è stato ritenuto che si era trattato di un trasferimento fittizio, comprovato dai «rapporti pregressi tra le parti», risultanti «anche dal tenore del contratto di mantenimento» che era stato stipulato, dal quale si evinceva «una precedente conoscenza tra le due donne»; in un simile contesto era plausibile ritenere «sussistente in capo all’acquirente la consapevolezza che quell’atto di trasferimento, relativo all’unico bene immobile» della cedente, «fosse idoneo a pregiudicare le ragioni dei creditori».

Più precisamente, l’esistenza di un rapporto fiduciario tra le due controparti è risultato avvalorato dalla tipologia di contratto stipulato e dalle clausole contrattuali utilizzate, tenuto conto che:

l’oggetto del trasferimento era stato il solo diritto di nuda proprietà, il quale per sua natura non consente all’acquirente di avvalersi del bene oggetto di cessione con effetti immediati;

quale controprestazione del trasferimento erano stati assunti dalla parte cessionaria «un obbligo di assistenza morale e materiale e precisi obblighi infermieristici» nei confronti della cedente, «per tutto il prosieguo della vita di questa», attività che peraltro «costituiva la prosecuzione dell’assistenza prestata già in passato».

La Cassazione ha dunque condiviso la decisione del giudice di secondo grado che aveva ritenuto sufficiente, per l’accoglimento dell’azione revocatoria, «una conoscibilità meramente ipotetica» del pregiudizio che «l’atto di disposizione patrimoniale» può arrecare alle ragioni del creditore, senza necessità di fornire «la prova della generica conoscenza del pregiudizio».

E poiché in questo caso è stato accertato che la badante cessionaria del diritto di nuda proprietà era anche un’amica della cedente assistita e che quindi la cessionaria non poteva essere qualificata come «un soggetto del tutto estraneo» rispetto alla parte cedente, se ne doveva dedurre, con una certa verosimiglianza, che la badante cessionaria «non poteva non essere a conoscenza nel dettaglio della situazione anche patrimoniale della persona che si obbligava ad assistere», in quanto il rapporto tra cedente e cessionaria, doveva essere qualificato alla stregua di un «rapporto fiduciario», di vecchia data, fondato «su una prestazione lavorativa continuata».

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