Imposte

Ricerca e sviluppo, imprese spiazzate dalle interpretazioni

Industria della moda tra la risoluzione delle Entrate di luglio e il cambio di indirizzo del Mise

di Roberto Lenzi

Sul credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo nel settore moda imprese spiazzate dalle prese di posizione delle amministrazioni sul momento a partire dal quale si applica il Manuale di Frascati.

In una riunione indetta dall’Unione Industriale di Pisa il 28 settembre è emerso che è stata presentata un’interrogazione al ministero dell’Economia nella quale viene specificata la differenza tra la ricerca nel settore della moda e il resto dei settori. La differenza principale consiste nel fatto che la R&S nel settore moda era già stata normata, contrariamente a quanto fatto per altri settori, già nel 2009 (circolare Sviluppo economico n. 46586/2009), come confermato dalla circolare delle Entrate 5/ 2016 e riconfermato con la faq 10 ottobre 2017.

Nella risoluzione 41/2022 l’agenzia delle Entrate fornisce i chiarimenti per la corretta individuazione dei criteri che, in generale, rilevano ai fini dell’ammissibilità al credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, effettuati nel comparto della moda. L’Agenzia riporta un parere dello Sviluppo economico che ricorda, in via generale, come l’individuazione delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta è stata condotta dal legislatore ricalcando le definizioni di «ricerca fondamentale», «ricerca applicata» e «sviluppo sperimentale» contenute nella Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione introdotta a livello europeo nel 2014.

Tali definizioni risultano a loro volta mutuate da quelle adottate a livello internazionale, tra cui nel Manuale di Frascati. In questo senso, ricorda che al punto 75 della a Comunicazione n. 198/01 del 2014 viene espressamente precisato che «per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, la Commissione si baserà sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni specifiche fornite nel Manuale di Frascati dell’Ocse». Secondo i principi e i criteri contenuti in tale manuale, le attività qualificabili come ricerca e sviluppo sono quelle specificamente svolte, nell’ambito di un processo di innovazione condotto da un’impresa, per il superamento di una o più incertezze scientifiche o tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento.

Ben diversa era la definizione di ricerca e sviluppo, in continuità con la circolare 46586 del 16 aprile 2009 e con i provvedimenti usciti negli anni successivi che l’hanno richiamata. In questi documenti veniva classificata come attività di ricerca quella afferente alle fasi di «ricerca ed ideazione estetica» e di «realizzazione dei prototipi» del settore tessile e moda.

In questo caso è evidente come le amministrazioni abbiano cambiato posizione: a questo punto è doveroso invocare da parte del contribuente il principio di affidamento, affermato da ultimo nell’ordinanza 28119/2022 della Corte di cassazione.

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