Professione

Riforma fiscale primo passo verso un regime «liquido» di tassazione

Anche ragioni di efficienza degli accertamenti nel passaggio all’imposizione sulle effettive entrate

di Marco Versiglioni

Da giorni il direttore dell’agenzia delle Entrate formula un’articolata e innovativa ipotesi di riforma della fiscalità d’impresa che si sviluppa intorno al tema della ’liquidità’ (“liquinomics”) e che va forse salutata con soddisfazione e analizzata con interesse scientifico. In sostanza, l’ottica che viene delineata è passare a un regime di cassa, regime questo, che, per un verso, consentirebbe una liquidazione mensile o trimestrale delle imposte sul reddito, eliminando il problema odierno di dovere finanziare o far fronte a cospicui saldi e acconti annuali, e che, per altro verso, almeno stando a quanto riportato dai media, potrebbe condurre a «una sorta di cash flow tax che, se pienamente applicata, potrebbe cancellare alcune voci meramente contabili, come ammortamenti, rimanenze, accantonamenti». Tale ottica, almeno in linea di principio, sembra costituire una condivisibile, importante, premessa per elaborare una riforma del sistema di tassazione delle imprese. Del resto, anche dalle colonne di questo giornale (in primiis, Il Sole-24 ore del 26 marzo 2015), si manifestò l’idea, esposta primariamente in un convegno del 2008, di abbandonare il modello di tassazione del reddito di impresa determinato per competenza (“reddito economico”) e di passare a un modello di tassazione del reddito di impresa determinato per cassa (“reddito liquido”). La proposta del direttore dell’Agenzia, se si pone in disparte il problema del nome, apparentemente improprio, riportato sui giornali (forse per agevolare la comunicazione), risulta, dunque, almeno nei contenuti sin qui manifestati, teoricamente coerente e corretta, poiché essa sembra corrispondere, precisamente e praticamente, al Sistema di tassazione del reddito liquido (L.I.T.S.) incentrato sul flusso positivo netto di liquidità derivante da entrate e uscite di cassa e di altri equivalenti alla cassa e intende perciò opportunamente distinguersi dalla generica dottrina della cash flow tax (che invece colpisce un presupposto promiscuo, in parte simile a quello dell’Iva) perché, tra l’altro, viste le norme Ue e le Convenzioni internazionali, la tradizionale cash flow tax non potrebbe essere realisticamente attuata, se non, al limite, in via di ritenuta in acconto sui soli flussi in entrata. In effetti, il Direttore lascia intuire la ragione di costituzionalità, ossia correlare il dovere di ciascuno di concorrere alle pubbliche spese a sue “effettive” manifestazioni di capacità contributiva; pare condiviso il principio generale proposto dal L.I.T.S., per cui l’imposta è dovuta se, nel periodo di tempo considerato, si è conseguito un flusso netto positivo di liquidità di entità almeno pari alle imposte da versare. Si percepiscono anche le molteplici ragioni di semplificazione. Prima tra tutte, abbandonare le complesse valutazioni che oggi rendono incerta la determinazione della base imponibile; così, pare condivisa l’idea, nella logica della tassazione del “reddito liquido”, di eliminare ammortamenti, rimanenze, svalutazioni e accantonamenti, lasciando che il presupposto dell’imposta sul reddito (correttamente non modificato, né sostituito) sia fotografato qualitativamente e dimensionalmente nel suo modo e nel suo momento “liquido”, qualunque sia il tipo delle uscite o delle entrate, purché inerenti all’attività di impresa, ivi comprese l’entrata conseguente a indebitamento e l’uscita connessa al suo impiego. Ma sembrano evidenti anche le ragioni collegate all’efficienza delle procedure di accertamento, iniziando con la dichiarazione, anch’essa realizzabile in via di precompilata, sin forse all’abbandono di inefficaci tecniche presuntive di massa. Pare, infatti, che l’accertamento concernerà fatti scientifici non opinabili, semplici, singoli. Inoltre, la“tassazione liquida” e ’il “tributo liquido”, ossia “reale”, evitano le criticità costituzionali dell’indebitamento funzionale al pagamento di imposte dovute su redditi non effettivamente conseguiti.
Il L.IT.S. è teorizzato per tutte le imprese nazionali e idealmente ben può essere “esportato”, sia per pensare a una più concreta base comune consolidata europea che per individuare una soluzione comune del problema della tassazione del data mining e dei digital services. Soprattutto, è la cornice nella quale progettare il “reddito liquido personale”, il “reddito liquido familiare”, la “sostituzione liquida”, l’ “Iva liquida” etc.. Uniche condizioni per realizzare tutto ciò paiono, come sempre, dare alle cose il loro nome, (’reddito liquido’ e ’sistema di tassazione del reddito liquido’), almeno se si vuol giungere in porto evitando gli iceberg degli equivoci, e procedere con coraggio calcolato, che qui sembra possibile perché certamente calcolabile.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©