Riforma giustizia tributaria, obiettivo celerità dei giudizi
È prevista per martedì, 19 luglio, salvi sviluppi della crisi politica di questi giorni, la scadenza per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge governativo in materia di riforma della giustizia tributaria, assegnato al Senato (atto 2636). Si tratta di uno dei tasselli del Pnrr.
Ho già avuto modo di segnalare su queste pagine, pregi e difetti del Ddl, evidenziandone le lacune (prima fra tutte, l’assenza di norme di immediata applicazione per lo smaltimento dei giudizi arretrati, specie quelli pendenti in Cassazione) e auspicando il potenziamento di alcune misure poco chiare e forse eccessivamente prudenti (ad esempio, la norma che introduce la prova testimoniale).
Quel che è certo, poi, e l’auspicio è che la discussione parlamentare del Ddl possa rimediarvi, è che si poteva (e si può) fare di più sul piano della modernizzazione e dello snellimento delle norme del processo, potenziando e sfruttando la recente informatizzazione dei giudizi, tanto nell’ottica della celerità quanto della parità delle armi tra Fisco e contribuente.
Si tratta, in molti casi, di interventi di facile e rapida attuazione, che pur non modificando l’impianto complessivo del processo, potrebbero avere un impatto significativo sul versante pratico, semplificando la vita di quanti (in particolare, i difensori) quotidianamente si cimentano con il processo tributario.
Dal 1° luglio 2019 è divenuto obbligatorio il processo tributario telematico, ma le norme del Dlgs 546/1992 non sono aggiornate a tale “digitalizzazione”.
I rimandi al “vecchio” giudizio cartaceo contenuti nel Dlgs 546/1992 sono ormai obsoleti e comportano, in non pochi casi, adempimenti formali inutili a carico dei contribuenti (cui spesso si accompagnano anche dei costi da sostenere).
Si pensi ai riferimenti alle copie autentiche delle sentenze o alle attestazioni di conformità tra ricorso notificato e quello depositato o, ancora, all’obbligo, per chi intende adìre la Corte di cassazione, di presentare l’istanza di trasmissione del fascicolo alla Ctr competente, quando basterebbe permettere alla cancelleria della Suprema corte di accedere automaticamente ai fascicoli dei gradi di merito sul Sigit.
Si potrebbe, poi, sempre nella logica di sfruttare al massimo le possibilità offerte dal processo telematico, anche prevedere una comunicazione alle altre parti costituite quando vi siano aggiornamenti del fascicolo sul Sigit (ad esempio, allorquando in primo grado la parte pubblica si costituisca in giudizio). Nella stessa logica, con il giusto adeguamento e potenziamento tecnico, potrebbe portarsi a regime (magari con il consenso di tutte le parti costituite e individuando soluzioni per assicurare la pubblicità del processo), in alternativa all’udienza in presenza, l’udienza con collegamento a distanza da remoto che sicuramente ha rappresentato una delle novità più positive dell’ultimo periodo.
Un tema di particolare rilievo, segnalato da più parti, è, poi, quello dell’accesso alle fonti giurisprudenziali, sul quale esiste ancora una evidente disparità tra l’Amministrazione finanziaria e le parti private.
Se ne parla da tempo, e la riforma potrebbe essere una valida occasione per imporre la pubblicazione online (sul portale della giustizia tributaria o in altra idonea banca dati) di tutte le sentenze delle commissioni, ovviamente garantendo l’anonimato delle parti processuali.
Da ultimo, ma non meno importante, specie perché ne va anche della celerità dei giudizi (che è uno degli obiettivi dichiarati e principali della riforma) oltre che della tutela dell’integrità patrimoniale dei contribuenti è il tema degli intervalli temporali (spesso troppo lunghi, anche anni) che le commissioni impiegano per la fissazione delle udienze o, ancora, per il deposito delle decisioni dopo la trattazione. Perché non inserire, sin da subito, come accade nel rito del lavoro, l’obbligo di lettura del dispositivo al termine della camera di consiglio immediatamente dopo l’udienza permettendo alla Commissione un rinvio di pochi giorni solo qualora in occasione della discussione orale emergano elementi tali da far riponderare la decisione stessa? I risvolti pratici, come detto, sono molteplici.
La riscossione frazionata in pendenza di giudizio (sulla quale, pure, sono auspicabili dei ripensamenti da parte del legislatore, magari prevedendo di attendere l’esito del primo grado) e la circostanza che alcune commissioni non fissino le udienze per la discussione delle istanze di sospensione (vanificando la tutela cautelare per i contribuenti) rendono, di fatto, il contribuente esposto per molti mesi alle azioni esecutive dall’agente della Riscossione anche qualora all’esito del primo grado di giudizio dovesse poi risultare vittorioso.
Una decisione immediata della commissione tributaria, a prescindere dal successivo deposito delle motivazioni, eviterebbe, senz’altro, in molti casi, tale rischio.
Insomma, è anche da interventi - all’apparenza piccoli - ma necessari che passa la strada per evitare che una grande occasione possa rimanere una grande incompiuta, proprio come il celebre processo di kafkiana memoria.