Imposte

Rimborso d’imposta per la plusvalenza sulle aree edificabili

In dubbio i contribuenti che hanno già pagato l’imposta sostitutiva

ADOBESTOCK

di Giorgio Gavelli

La possibilità di attivarsi per un recupero d’imposta può interessare anche le persone fisiche, per redditi non di natura imprenditoriale. L’opportunità non è legata all’ecobonus ma all’altro “dietro front” recentemente dichiarato dall’agenzia delle Entrate (circolare 23/E/2020), relativamente al contenzioso riguardante la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di immobili qualificati come aree edificabili.

Il tema è stato più volte sviluppato su queste pagine (si veda, da ultimo, Il Sole24Ore dell’8 aprile 2019): sin dal 2014 si era radicato presso la Cassazione un orientamento avverso alla tesi dell’Agenzia (risoluzione 395/E/2008), secondo cui la cessione di un fabbricato in cattive condizioni o, comunque, che l’acquirente demolisce e ricostruisce, equivale a quella di un’area edificabile. Con la conseguenza che la plusvalenza è sempre imponibile, anche se l’immobile è pervenuto per successione o donazione, ovvero è stato acquistato da oltre cinque anni o, per la maggior parte del periodo intercorrente tra l’acquisto e la cessione, ha costituito abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.

Dopo la risposta ad interrogazione parlamentare (prot. 5-03220 del 31 luglio 2014), in cui si affermava che il Mef « si riserva di seguire i futuri sviluppi giurisprudenziali, monitorandone attentamente l’andamento», si era capito che l’abbandono delle liti era solo una questione di tempo, anche perché la Cassazione non mostrava tentennamenti. Si è, quindi, arrivati (con eccessivo ritardo, a parere di chi scrive) alla resa, contenuta nella circolare 23/E/2020, ribadita con le risposte a interpelli 331/2020 e 312/2020.

Anche in questa fattispecie le situazioni sono molteplici. C’è un aspetto processuale, del tutto simile a quello dell’ecobonus delle imprese, e c’è un aspetto dichiarativo. Quest’ultimo non comprende solo chi non ha dichiarato e, da ora in poi, non sarà più accertato, ma anche chi, per prudenza, ha preferito assoggettare a tassazione la plusvalenza secondo i dettami dell’Agenzia ed ora, se nei termini, può giustamente rivendicare le imposte pagate indebitamente in più rispetto al dovuto (con le stesse modalità descritte nell'articolo a fianco).

È frequente anche un’altra situazione. Chi in questi anni si è trovato a cedere l’immobile destinato a essere demolito, e non voleva creare un contenzioso, ha spesso scelto una terza via, portando alle estreme conseguenze la posizione dell’Agenzia. Se l’oggetto della compravendita non è un fabbricato ma un’area edificabile, allora è possibile fruire di una delle tante leggi di affrancamento di valore che si sono succedute dal 2001 in poi, “liberando” la plusvalenza latente tramite l’ assoggettamento a un’ imposta sostitutiva che, nel tempo, si è elevata dal 4% all'11 per cento.

In moltissimi casi, quindi, la plusvalenza non è stata dichiarata ma è stata precedentemente annullata con il pagamento dell’ imposta sostitutiva. Questi contribuenti (compresi quelli che hanno affrancato, per prudenza, ma non ancora ceduto l’area) possono chiedere il rimborso di tale sostitutiva? Purtroppo, sino ad ora, la Cassazione ha considerato l’affrancamento come un perfezionamento “irreversibile” dell'obbligazione tributaria (ordinanza 4659/2020) non permettendo “pentimenti” o altre motivazioni al rimborso per eventi sopravvenuti. Ci sono, forse, margini per un ripensamento.

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