Imposte

Risoluzione consensuale della donazione, non si perde l’esenzione dall’imposta

La sentenza 102/1/2020 della Ctp Pesaro: resta l’esonero per il il donatario aveva acquisito il controllo di una società di capitali

di Angelo Busani e Andrea Taglioni

Non si perde l’esenzione dall’imposta di donazione se viene consensualmente risolta, prima del decorso di cinque anni dalla data della sua stipula, la donazione con la quale il donatario aveva acquisito il controllo di una società di capitali. Lo ha deciso la Ctp di Pesaro con la sentenza 102/1/2020.

Il caso è interessante perché è privo di precedenti e il punto di diritto è assai spinoso. La questione si riferisce all’agevolazione (articolo 3, comma 3-ter, del Dlgs 346/1990) consistente nell’esenzione da imposta di donazione per il trasferimento a titolo gratuito di quote di partecipazione al capitale sociale di Spa o di Srl mediante il quale il donatario consegue o integra il controllo della società, per tale intendendosi la maggioranza dei diritto di voto nell’assemblea ordinaria.

Condizione per l’esenzione è che il donatario dichiari, nell’atto di donazione, di voler mantenere il controllo della società per almeno un quinquennio e che poi, effettivamente, non dismetta tale controllo. Ora ci si chiede: se il donante e il donatario pattuiscano una risoluzione consensuale della donazione (è il cosiddetto «mutuo dissenso» o «mutuo consenso risolutivo) prima del decorso del quinquennio, questo importa perdita del controllo e, quindi, decadenza dall’agevolazione ?

In caso di risposta positiva, le conseguenze sarebbero rilevanti in quanto l’Amministrazione procede al recupero dell’imposta in misura ordinaria aumentata degli interessi di mora e all’irrogazione di una sanzione pari al 30 per cento dell’imposta ordinaria.

La Ctp marchigiana dà, dunque, una risposta negativa alla questione prospettata, supportando la sua conclusione con l’argomentazione che la risoluzione consensuale ha un effetto retroattivo, perché provoca il ripristino della situazione giuridica anteriore alla donazione, come se la donazione non fosse mai stata stipulata: ne deriva, quindi, che, non essendoci mai stata alcuna donazione, nemmeno si pone il problema della sua tassazione (e del conseguente problema della decadenza da un’agevolazione applicata in sede di stipula della donazione).

Così decidendo, la Ctp di Pesaro si pone esattamente nel solco della più recente giurisprudenza (in materia civilistica) della Cassazione la quale, in difformità da un precedente contrario indirizzo (Cassazione 5065/1993, 2040/1997, 6488/1997, 7270/1997, 4906/1998, 17503/2005, 18859/2008), oggi stabilmente qualifica il negozio risolutivo come un «negozio di annientamento», con il quale le parti pongono nel nulla, sia per il futuro che per il passato, il contratto risolto.

Conseguenza di questa ricostruzione è, dunque, che la causa del contratto risolutivo andrebbe individuata nell’intento dei contraenti di eliminare gli effetti prodotti dal precedente negozio, con effetto retroattivo alla data di stipula del negozio presupposto, con la conseguenza che quest’ultimo dovrebbe considerarsi come se non fosse mai stato stipulato (Cassazione 20445/2011, 3935/2014, 15403/2017, 5745/2018).

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