Rispetto di standard minimi contro la concorrenza sleale
Sul danno significativo la nozione comune diventa più estesa
Il regolamento Ue fa fare un balzo in avanti anche alla responsabilità sociale d’impresa che non perde la sua connotazione basata sulla volontaria adesione a codici di condotta per la tutela dei diritti umani, dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori, ma porta a un immediato vantaggio per le aziende che vi aderiscono. L’Unione europea, infatti, con il nuovo testo, ritiene rispettata la sostenibilità degli investimenti se l’impresa svolge la propria attività in conformità alle Linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCDE) per le imprese multinazionali, ai principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, ai principi stabiliti dalle otto convenzioni individuate nella Dichiarazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro. Resta ferma, tuttavia, l’applicazione di requisiti più severi fissati in materia di ambiente, salute e sicurezza nel diritto Ue. Inoltre, l’articolo 18 stabilisce le garanzie minime di salvaguardia riprese dagli atti di responsabilità sociale di impresa. In sostanza, opererà una presunzione di rispetto della sostenibilità. Proprio le garanzie minime, serviranno a evitare il greenwashing che porta alcune aziende ad avere un vantaggio sulla concorrenza «in modo sleale commercializzando un prodotto finanziario come ecocompatibile quando in realtà gli standard ambientali di base non sono soddisfatti».
Il regolamento, inoltre, fornisce una definizione Ue di danno significativo agli obiettivi ambientali con un cambio di rotta rispetto al regolamento 2019/2088 perché non basta più, per considerare un investimento come sostenibile, soltanto l’assenza di un danno significativo agli obiettivi ma è richiesto il rispetto di uno dei criteri di sostenibilità definiti nel regolamento. In ogni caso, la definizione di danno significativo è sottratta agli Stati membri: l’articolo 17, infatti, procede a uniformare la nozione e chiarisce che un’attività economica arreca un danno significativo se, tra le altre ipotesi, produce significative emissioni di gas a effetto serra, se si verifica un peggioramento degli effetti negativi del clima attuale e futuro, se l’attività compromette l’economia circolare, se nuoce alla resilienza degli ecosistemi, se vi sono insufficienze significative nell’uso dei materiali o delle risorse naturali.
Il nuovo sistema di classificazione centralizzato porta all’attivazione di una “Piattaforma sulla finanza sostenibile”, centrale per un costante aggiornamento dei criteri. Tra i compiti, l’analisi dell’impatto dei criteri tecnici su potenziali costi e benefici, delle tendenze nello spazio Ue sui flussi di capitali diretti verso gli investimenti sostenibili, un’attività di consulenza alla Commissione soprattutto per le richieste degli stakeholders, un ruolo per l’impegno degli aspetti legati alla contabilità e alle norme di rendicontazione sulla sostenibilità, l’analisi dei criteri per evitare indebiti oneri amministrativi.
La Piattaforma sarà costituita da rappresentanti delle Agenzie Ue, inclusa quella per i diritti fondamentali e l’Agenzia europea dell’ambiente, delle autorità europee di vigilanza, da rappresentanti della Banca europea per gli investimenti e del Fondo europeo per gli investimenti, nonché da rappresentanti ed esperti del settore privato e della società civile. Il gruppo di esperti degli Stati membri sulla finanza sostenibile supporterà direttamente la Commissione che, tra l’altro, a partire dal 12 luglio 2020, ha il potere di adottare atti delegati per un periodo indeterminato.