Contabilità

Rivalutazione civilistica al test del saldo attivo

La Cassazione contesta l’uso della posta per eliminare i prelevamenti del titolare. Per la Corte l’operazione non è fiscalmente neutra ma genera imponibile

ADOBESTOCK

di Paolo Meneghetti

Uno dei motivi di maggiore attrattiva della rivalutazione di cui all’articolo 110 del Dl 104/20 risiede nel fatto che essa può essere eseguita in ambito meramente civilistico, quindi senza dar luogo a versamenti di imposta sostitutiva e, per contro, senza alcun riconoscimento fiscale del valore incrementato del bene.
In varie sedi è stato sottolineato (si veda Il Sole 24 Ore del 26 ottobre 2020) che per le società di persone e per le imprese individuali la rivalutazione dei beni d’impresa in chiave meramente civilistica permette di risolvere l’annosa problematica dell’eccedenza di prelevamenti dei soci o del titolare rispetto al patrimonio netto disponibile. Una procedura che però è messa in dubbio, nella sua peculiarità di irrilevanza fiscale, da una recente ordinanza della Cassazione (la 3440 dell’11 febbraio 2021).

Le conclusioni della Corte
Il caso riguarda un’impresa individuale che, avendo riscattato nei primi anni 2000 un immobile da un leasing, lo ha rivalutato in modo volontario (quindi si presume azionando la deroga di cui all’articolo 2423, comma 5, del Codice civile), iscrivendo un saldo attivo (solo civilistico) nel patrimonio netto. Poi ha utilizzato tale posta per eliminare i prelevamenti del titolare che risultano in bilancio, quale credito dell’impresa nei confronti della persona fisica titolare della stessa impresa. La tesi della Suprema corte è che tale operazione non sia improduttiva di conseguenze fiscali: al contrario, deve intendersi che il venir meno della posta «Credito da prelevamenti» generi un imponibile di pari importo tassabile.

Le argomentazioni che portano i giudici a una simile conclusione non sono di facile comprensione. Ma dalle motivazioni dell’ordinanza si possono evidenziare i seguenti punti:
1.
Il saldo attivo della rivalutazione volontaria non è distribuibile al titolare (o ai soci). In tal senso l’ordinanza afferma che: «la riserva da rivalutazione costituisce una posta ideale di patrimonio, non caratterizzata, al momento dell’iscrizione, dalla possibilità di effettiva monetizzazione».
2. Dal momento che i prelevamenti del titolare sono presumibilmente assimilabili a ricavi, il fatto che il credito sia collegato a quei ricavi è un’operazione non neutrale ai fini fiscali; il che significa “ancorare” la tassazione del saldo attivo con l’equazione tipica da accertamento induttivo (cioè prelevamenti soci = ricavi occultati).

Una lettura contestabile
Le argomentazioni citate non sembrano affatto convincenti. Anzitutto dobbiamo ricordare che il saldo attivo che si genera per effetto di una rivalutazione meramente civilistica non ha natura di riserva di utili in sospensione d’imposta. Il ragionamento della Cassazione sarebbe infatti ineccepibile se parlassimo di una rivalutazione fiscale con genesi di riserva in sospensione d’imposta che, qualora attribuita ai soci, comporta la creazione di imponibile.

La stessa agenzia delle Entrate ha riconosciuto (circolare 22/E/2009, paragrafo 5) che il saldo attivo della rivalutazione meramente civilistica ha natura di riserva di utili non in sospensione d’imposta, che viene tassato in capo al socio di società di capitali (quale dividendo). Mentre «il prelevamento o la distribuzione del saldo attivo da parte dell’imprenditore individuale o di una società di persone in contabilità ordinaria è, invece, irrilevante ai fini della tassazione».

Se invece di operare come sopra descritto, l’imprenditore - dopo aver eseguito la rivalutazione - avesse restituito i prelevamenti e l’attimo dopo avesse prelevato il saldo attivo da rivalutazione, nessuno avrebbe potuto contestare la formazione di un imponibile. Ma l’utilizzo del saldo attivo a copertura di quel deficit patrimoniale è operazione del tutto analoga, nella sostanza, a quella descritta.

Rivalutazione volontaria
Forse l’ordinanza assume più senso se viene confinata al caso della rivalutazione volontaria ex articolo 2423, comma 5, del Codice, che differisce da quella civilistica prevista per legge, proprio per la circostanza che quest’ultima (eseguita in deroga all’articolo 2423) non presenta il problema dell’indisponibilità del saldo attivo (come, del resto, viene giustamente rilevato dalla circolare Assonime 13 del 2001, paragrafo 14). Nella rivalutazione volontaria, invece, la riserva che si forma non è distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato del bene, e la violazione di tale assunto sembra “sanzionata” dalla Cassazione con la tassazione.

Questa limitata applicazione (in sé comunque non del tutto condivisibile) permetterebbe di agire in modo più tranquillo sulla rivalutazione civilistica ex articolo 110 del Dl 104/20, considerando la copertura della posta “prelevamento soci” ( o titolare) come una sorta di “anticipata” distribuzione del saldo attivo.

I casi risolti
TASSAZIONE DELLA RISERVA
Una Srl ha iscritto tra le poste di patrimonio netto con segno negativo un disavanzo di fusione. Rivaluterà i beni con effetto fiscale e intende usare il saldo attivo per eliminare tale posta senza subire conseguenze fiscali
Il saldo attivo in sospensione di imposta può essere usato, senza far sorgere imponibile in capo alla società, solo per coprire perdite di esercizio. Questa è la lettura delle Entrate. Quindi se il saldo attivo viene utilizzato per coprire elementi del patrimonio netto diversi dalle perdite di esercizio, la conseguenza è la tassazione della riserva stessa

RIVALUTAZIONE VOLONTARIA
In una rivalutazione meramente civilistica di una società di persone il saldo attivo viene utilizzato per eliminare precedenti prelevamenti dei soci. L’operazione viene eseguita senza subire alcun incremento dell’imponibile
Con la sentenza della Cassazione 3440/2021 si è affermato che nella rivalutazione volontaria ex articolo 2423 del Codice civile l’utilizzo del saldo attivo per azzerare prelevamenti soci genera imponibile. La tesi, opinabile, dovrebbe essere comunque delimitata alle rivalutazioni volontarie per le quali il saldo attivo è indistribuibile fino al recupero del valore del bene rivalutato

DISTRIBUZIONE DEL SALDO ATTIVO
Una società di persone in contabilità ordinaria rivaluta i beni anche in chiave fiscale senza affrancare la riserva. Potrà distribuire il saldo attivo senza attendere 90 giorni dal deposito della delibera?
L ’articolo 13, comma 2, della legge 342/2000 impone - in caso di distribuzione ai soci del saldo attivo - di attenersi alla procedura di riduzione del capitale sociale, quindi di attendere 90 giorni per eseguire la delibera. Ma si ritiene che tale procedura abbia senso solo per le società di capitali, quindi senza dover attendere il citato lasso temporale se chi distribuisce è una società di persone

UTILIZZO A COPERTURA DI PERDITE
Una società di capitali fa una rivalutazione solo civilistica, con uso del saldo attivo a copertura di perdite di esercizio. Deliberata in sede di assemblea ordinaria. La società ritiene di non dover ricostituire la riserva
La risposta è negativa: se l’utilizzo a copertura di perdite è deliberato in sede ordinaria, c’è l’obbligo di ricostituire il saldo attivo andando a vincolare utili futuri. Per ottenere il definitivo azzeramento del saldo attivo è necessario deliberare l’utilizzo in sede di assemblea straordinaria

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